Cacco Benvenuti a Trapani, nel 1990

Se siete ancora dei ragazzini, una storia così non potrà che sembrarvi fantasia, niente più che una sceneggiatura da sport movie per esser chiari, perchè ad oggi, in questo mondo, in questo sistema, nello sport comanda il dio denaro, unico ed assoluto dominatore della scena sportiva. Senza quello, non vai da nessuna parte. Certo, un pò di “grana” non guasta mai, dal tempo dei tempi abbiamo sempre visto il Davide di turno sfidare il Golia, e nello sport, sebbene la pallacanestro sia uno sport per giganti, la grandezza di una squadra spesso si riconduce agli investimenti della medesima.

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Reggie Johnson esulta per la serie A1

Vero, tutto vero. Non è sempre stato così, però. Un tempo, sebbene, come detto, il denaro non guasti mai, con la giusta programmazione, con i giovani, con i settori giovanili, con la passione potevi davvero competere con i più grandi, prendere la Phonola Caserta per credere: due americani sotto canestro, due scugnizzi dal talento devastante fatti in casa, un livornese e un paio di giovani del vivaio. Risultato? Lo scudetto del 1991, memorabile ed indimenticabile!

Quella Caserta, però, era frutto anche di investimenti sostanziosi. Oggi vi raccontiamo un’altra storia di basket, principalmente associata al nome di un grandissimo della nostra pallacanestro, inserito nella Hall of Fame italiana, nell’elitè degli allenatori tricolori. Parliamo di Gianfranco Benvenuti, Cacco per gli amici. Un personaggio vulcanico, un allenatore preparatissimo, sia tecnicamente che sotto il profilo umano, capace di tirar fuori tutto dai suoi ragazzi, anche oltre i loro limiti individuali. Un personaggio come pochi ne rimangono nel basket moderno, burbero ma simpatico, uno spettacolo sul parquet, dove, anche per scaramanzia, indossava sempre giacca e cravatta, ma una calamita anche fuori dal campo, dove spesso lanciava perle di saggezza con il suo accento livornese inconfondibile.

Era in grado di fare davvero tutto, un uomo società, tutto passava dalle sue mani, gestione tecnica e tattica, mercato, allenamenti, organizzazione delle trasferte, se avesse potuto avrebbe gestito anche segreteria e pulizie del PalaGranata. Partendo da lui, vi raccontiamo quindi la favola della Pallacanestro Trapani, la prima siciliana della storia a raggiungere la serie A1, nel 1991, al culmine di una stagione leggendaria, senza mezzi termini.

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Estate 1991, Trapani in A1. Cacco Benvenuti con due tifosi granata.

Si parte dal 1989, quando i trapanesi, con una squadra costruita sulle polveri di quella salvatasi un paio di stagioni prima con coach Stefano Michelini, alla quarta giornata di ritorno iniziarano una cavalcata trionfale che culminò con il sorpasso all’ultima giornata, sul parquet amico, del Porto San Giorgio. Quella squadra granata fu assemblata in un paio di stagioni proprio da Benvenuti, il quale, sull’asse portante Ciccio Mannella – Bibo Castellazzi, playmaker e ala forte, sia pure con la dolorosa rinunzia ad Umberto Coppari, pivot di categoria, inserì nel gruppo Davide Lot, guardia grintosa e di talento che soltanto lui riusciva a controllare sotto il profilo caratteriale, un vero gladiatore (uno che non abbassava la testa davanti a nessuno, celebre oltre che per le triple anche per aver stretto calorosamente, diciamo quasi “cravattato” un avversario), Giuseppe Cassì, all’epoca tiratore infallibile, attualmente presidente Giba, che fu convinto a lasciare la natìa Ragusa nonostante la rivalità precedente, e Fabio Morrone, ala piccola del vivaio Benetton con una grande penetrazione lungo la linea di fondo.

A questi, si aggiungevano Marco Martin, giocatore di 202 cm, convinto dal proprio coach a convertirsi da ala piccola tiratrice a pivot di grande agonismo, lottatore come pochi, soluzione insolita ma alla fine davvero felice, ed il giovane, fatto in casa, Mario Piazza, all’epoca playmaker ventenne di 194 cm, ottimo tiratore, specialmente in sospensione, con tante presenze nelle varie nazionali giovanili.

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Peppe Cassì, il Galis di Sicilia

Nella finale promozione, i ragazzi di Cacco Benvenuti risultarono vincitori in casa in gara1 contro Porto San Giorgio, vennero sconfitti in trasferta di un paio di punti, con Mario Piazza a mezzo servizio e costretto in panchina per lunghi tratti della partita, colpito da un accendino in fronte. Nonostante ciò, il presidente volle comunque far rientrare in campo il ragazzo, per gli ultimi minuti della partita. Piazza si prese anche il tiro finale dalla lunga distanza, per la vittoria, che spadellò sul ferro.

Si narra che, in quella circostanza, in albergo, ci fu uno scontro piuttosto acceso tra il presidente, che si professava sicuro di precedenti favorevoli della giustizia sportiva (perchè comunque Piazza aveva saltato gran parte del match), e il coach, che avrebbe preferito tenere in panchina il “moribondo” Piazza, per avere la certezza di una pronunzia favorevole. Il reclamo, da presentarsi entro le ore 12 del lunedì, fu presentato dal gm Valentino Renzi e dal presidente Garraffa presso i competenti uffici romani grazie anche al passaggio dagli stessi ottenuto su una Lancia Delta guidata da appassionati tifosi che avevano seguito la squadra nella trasferta marchigiana. Altri tempi.

Nei tre giorni successivi, la tensione era tangibile soprattutto poichè Cacco Benvenuti non nascondeva le difficoltà di mantenere motivati i suoi ragazzi che ben si attendevano una pronunzia favorevole da parte del giudice sportivo. La notizia arrivo il mercoledì, verso le 19, in un palazzetto pieno di gente in preda al delirio. Gara 3 non fu necessaria, la serie si chiuse a gara2, sul 2-0, con una vittoria a tavolino.

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Un giovanissimo Renzi

I granata giunsero così in serie A2, dopo un paio di stagioni al vertice della B d’eccellenza. Il concetto a quei tempi era piuttosto chiaro, l’importante era non fare il passo più lungo della gamba, ci si doveva soltanto salvare. Cacco Benvenuti e il gm Valentino Renzi, personaggio piuttosto noto ai giorni nostri, decisero ci mantenere gli 8/10 della stagione precedente, inserendo due lunghi americani sotto i tabelloni. L’idea è salvarsi, senza spese insostenibili, puntando sulla coesione di un gruppo affiatato e sul talento dei due colored. Confermati, quindi, Ciccio Mannella, Mario Piazza, Giuseppe Cassì, Davide Lot, Fabio Morrone, Bibo Castellazzi, Marco Martin e Sergio Zucchi. Arrivarono soltanto Reggie Johnson, ala forte di 204 cm, campione Nba con i Philadelphia 76ers nel 1983, autore di 22 punti e 10.4 rimbalzi di media in stagione, e Bobby Lee Hurt, pivot di 205 cm, per lui invece 23.7 punti, 12.3 rimbalzi e 2.8 recuperi.

Bobby Lee Hurt, in particolare, era un fenomeno anche fuori dal parquet, nel modo di vestire e, soprattutto, nel modo di mangiare, celebre per i pasti da atleta che era abituato a consumare nel prepartita, usualmente a base di pollo fritto e patatine. Disputò a Trapani la sua miglior stagione, anche grazie al talento di Johnson che, con il suo gioco intelligente, lo agevolava facendone uno spaventoso terminale offensivo.

La squadra era affiatata ovviamente, aveva alle spalle una promozione esaltante, gli americani giravano a mille, arrivarono così i playout, che a quei tempi mettevano insieme le ultime (ad eccezione delle due già retrocesse) di serie A1 e le prime (ad eccezione delle due già salite, che andavano ai playoff di A1) di serie A2. Per l’allora Birra Messina Trapani era già un successo indescrivibile e, invece, dopo le prime due sconfitte, contro Pistoia e Forlì, i granata scrissero una delle più belle pagine della storia della pallacanestro.

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Johnson in azione

La svolta il 14 aprile 1991, terza giornata dei playout, contro la Panasonic Reggio Calabria di Garrett, Young e un giovanissimo oriundo di nome Hugo Sconochini. In quella partita un episodio che neanche la mente del migliore degli sceneggiatori avrebbe potuto partorire. Quando la partita stava per volgere alla fine, Trapani in attacco dalla rimessa, dopo due liberi proprio di Youn. I tiratori italiani francobollati dai difensori in maglia Panasonic, palla a Mannella che corre in contropiede, nella baraonda dell’ultima azione viene fuori Reggie Johnson, che in stagione avevo zero triple segnate su quattro tentativi, una mezza idea di andar dentro, ma quando si rese conto che il Trapani era sotto di tre punti e il tempo ormai era troppo limitato, scavalcò la linea dei tre punti e tirò dalla lunga distanza, ovviamente canestro. Inutile dire che da quel momento in poi non sono più sceso in campo senza indossare il numero 4 che vestiva lui in maglia granata.

Per la precisione: triple realizzate da Reggie Johnson nei playout: 1/1, percentuale: 100%. Due attributi mica da poco! Così si andò ai supplementari, Trapani vinse, Reggie Johnson mise a referto 31 punti e 26 rimbalzi, del resto si trattava niente di meno che di un campione Nba che pose la sua classe al servizio di ragazzi alcuni dei quali avevano cominciato la scalata trapanese dieci anni prima in serie C1. Anche lo storico capitano Ciccio Mannella fu decisivo, 15 punti con 3/6 da tre punti. Quella partita comunque indicò la strada, da lì in poi altre quattro vittorie consecutive, alcune davvero memorabili.

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Bobby Lee Hurt

La prima arrivò in casa contro Fabriano, per 83-75, con un Johnson nuovamente da 28 punti e 10 rimbalzi, e 17 di un grandioso Davide Lot, poi a Montecatini, sconfitta a domicilio (75-77) nonostante i 33 punti di Mario Boni. Per i granata ancora Johnson con 25 punti e 13 rimbalzi, a dominare ed indicare la strada del successo. Il girone di andata si chiude così con 3 vittorie e 2 sconfitte.

La prima di ritorno, in trasferta nella casa della Kleenex Pistoia di Ron Rowan, che, per gradire, scrisse 44 punti. Non bastarono contro il collettivo granata, forte di un Hurt da 28 punti, Mannella da 19, Johnson da 17 e Cassì da 16 punti e alcuni canestri decisivi. Poi la Filanto Forlì in casa, dove, con un recupero micidiale, i ragazzi di Benvenuti si imposero per 101 – 83, con un Hurt da 37 punti, 24 di Johnson e 16 ancora di Cassì.

Così, con 5 vittorie e 2 sconfitte, il miracolo cominciò ad aleggiare al Palagranata. Alla ottava, però, la Birra Messina perse 73-71 a Reggio Calabria, e poi alla nona giornata a Fabriano. Tutto rinviato così all’ultima giornata di playout.

La sesta e decisiva vittoria arrivò insieme alla serie A1, in casa contro la Lotus Montecatini favoritissima di Mario Boni e Chris Mc Nealy. Hurt 25 con 14 rimbalzi, Johnson 19, Cassì 18, Piazza e Lot 9. Una vittoria fantastica, una cittá in tripudio, Cacco Benvenuti ripeteva il miracolo del doppio salto mortale dalla B1 alla A1, a Trapani dopo esser stato condottiero anche a Reggio Calabria. Nonostante la gioia si dice che da subito ebbe modo di far presente, sottovoce, a Valentino Renzi, in piedi accanto alla propria panchina “forse li abbiamo rovinati” riferendosi al fatto che i suoi ragazzi non erano ancora maturi per il palcoscenico superiore. Ennesima dimostrazione di saggezza.

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Martin e Mannella festeggiano la A1

Magari aveva ragione, magari era davvero troppo presto, ma quei ragazzi avevano compiuto un’impresa degna per davvero di tale nome. Come ci ricorda sempre il vecchio saggio, le ferite si rimarginano, le cicatrici te le porti addosso, ma la gloria resta per sempre, una volta che hai iscritto il tuo nome nella storia, nessuno potrá mai più cancellarlo. E quei ragazzi non possono che portarlo ancora dentro di loro, così come quei 4500 appassionati che con loro hanno scalato i vertici della pallacanestro, sempre con il colore granata nel cuore.

Arrivò così la serie A1, prima siciliana di sempre a riuscire nell’impresa, nel più imprevedibile dei modi, forse anche il più bello possibile. Purtroppo Cacco Benvenuti salutò qui, da eroe, al culmine della sua impresa.

La formazione della serie A1: Shasky, Alexis, Favero, Zucchi, Castellazzi, Martin, Cassì, Strazzera, Mannella, Piazza, Tosi, Schuluterbaker.

La stagione successiva, in una cittá in delirio per una promozione che giá sapeva di favola, a Trapani arrivarono Stefano Tosi, guarda difensiva, Wendell Alexis, ala piccola di 203 cm, talento sopraffino da Syracuse, e John Paul Shasky, roccioso pivot bianco di 210 cm, reduce da tre stagioni Nba (nel 1988/89 agli Heat 5.5 punti e 3.6 rimbalzi di media), per formare un quintetto con Mario Piazza, ormai definitivamente divenuto starter e, ai tempi, giovane italiano di prestigio con grandi prospettive, e Claudio Castellazzi, il quale, sacrificato la stagione precedente a causa della presenza dei due colored sotto i tabelloni, spesso relegato in ala piccola per trovare minuti, si ritrovò in quintetto in A1, con pochissima esperienza nel ruolo di ala forte, neanche in serie A2, e decisamente non sfigurò, poichè il talento non gli mancava. Dalla panchina i soliti Cassì, il Galis di Sicilia, realizzatore e tiratore formidabile a qualsiasi livello, più Martin,”leone” sotto i tabelloni, e Mannella, playmaker di 170 cm e glorioso capitano dei siciliani.

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Martin sfida Meneghin

In stagione, in panchina coach Giancarlo Sacco, con un Wendell Alexis da 25.2 punti e 7.8 rimbalzi, Shasky da 17 e quasi 10 rimbalzi, Piazza, 22enne, da quasi 11 punti di media e tra i migliori tiratori da tre punti del campionato, la squadra, dopo sette sconfitte iniziali, seppur mostrando grinta e buon gioco, vinse la sua prima storica partita in serie A1 sul campo del fortissimo Messaggero Roma di Dino Radja, per 91-94, con un Castellazzi che teneva botta al croato per gran parte del primo tempo, ribattendo canestro su canestro.

I cronisti scambiavano Martin per Strazzera, chiamandolo così per errore, tralaltro sbagliando l’accento nel pronunziare il cognome di quello che era semplicemente un ragazzino aggregato a causa dell’infortunio di Cassì, ragazzino che ovviamente, nella realtà, non si sarebbe mai alzato dalla panchina. Il tutto meravigliandosi della grinta di quello che, come avrebbero scoperto gli stessi commentatori verso fine partita, scusandosene, ovviamente non era un ragazzino, bensì Marco Martin.
In più, come non ricordare la tripla di Favero, ala forte prelevata in B1, in seguito alla quale, sulla rimessa, Fantozzi e Niccolai si chiedevano palesemente “chi c…o fosse questo tizio”, come si evinceva chiaramente dal labbiale dei due. In quella partita decisivi gli stranieri (Shasky 25 con 8 rimbalzi, Alexis 23 con 7 rimbalzi e 4 assist) ma superbi  anche Tosi con 15 punti e Piazza con 14 punti e 2/2 da tre.

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Wendell Alexis

Arrivarono anche altre vittorie di prestigio, contro Cantù, grazie a 19 punti del golden boy Mario Piazza, autore di una grande prestazione con 3 bombe, contro i campioni d’Italia di Caserta, la squadra di Gentile ed Esposito (Alexis 25, Piazza 13, Cassì 11), contro la Stefanel Trieste di Middleton, Gray e dei giovanissimi Fucka e De Pol, grazie ad una rubata vincente proprio di Piazza nel finale, contro il Fernet Branca di Oscar, per 120-114, con 39 del brasiliano e 37 con 11 rimbalzi di Alexis, anche con la Filanto Forlì di Bob Mc Adoo, che al PalaGranata scrisse 44 mentre Alexis rispose con 40, aiutato dai 26 con 11 rimbalzi di Shasky.

Eh si, Wendell Alexis, capitolo a parte per lui. Un giocatore pazzesco, vincitore al Real Madrid prima, all’Alba Berlino poi, con un passaggio al Maccabi e uno scudetto morale a Livorno, poi rubatogli dopo un’ora da campione d’Italia. Parliamo di un’ala piccola fantastica, atletico, potente, veloce, movenze da cigno, elegantissimo, capace di realizzare in sospensione, in penetrazione, piazzato dalla lunga distanza, soprattutto incredibile nel concludere in entrata, dove nascondeva il pallone e lo faceva riapparire all’ultimo momento, con una rapidità fuori dal comune, per concludere, anche in schiacciata, nel traffico.

Un altro aneddoto riguarda la diretta nazionale sulla Rai, in casa contro la Phillips Milano di Antonello Riva, Ricky Pittis e Darryl Dawkins, quest’ultimo autore di un divertentissimo siparietto quando calmò Martin che era entrato in campo gasatissimo e pronto a tutto, suggerendogli un “be quiet” di circostanza. In quella partita, Pittis si incollò ad Alexis, e senza il proprio faro offensivo i granata sembravano spaesati, poi nel secondo tempo Mario Piazza segnò quattro bombe di fila, portando i nostri ad un passo dai meneghini, che però poi chiusero i conti nel finale. Ciò nonostante quei cinque minuti di fuoco regalarono agli appassionati emozioni indescrivibili, perchè era uno di loro a sfidare le scarpette rosse, un ragazzo nato e cresciuto ad un tiro di schioppo da loro, con una maglia granata sul petto.

Mario Piazza decisivo contro la Stefanel

Insomma, così facendo, la squadra trapanese, pur senza sponsor per tristi vicende che oltrepassano il mondo dello sport, riuscì a salvarsi in regular season, grazie alla classe infinita di Alexis, ai rimbalzi e ai blocchi di Shasky, alla difesa di Tosi e Castellazzi nonchè al giovane talento di Piazza, alle triple di Peppe Cassì e, ovviamente, alla leadership di Ciccio Mannella, ineguagliabile capitano, la cui maglia numero 12 fu ritirata proprio nel 1992.

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Castellazzi sfida Radja

La Pallacanestro Trapani, chiamata nel girone di ritorno “L’altra Sicilia” per sottolineare il distacco della società da tutto ciò che di marcio c’è in Italia e, nello specifico, c’era in Sicilia, sconfisse nuovamente il Messaggero Roma, stavolta in casa, per 106-105, dopo un tempo supplementare. Stavolta gli eroi furono Piazza, autore di 21 punti con 3/4 da tre, e Cassì con 14 punti e 2/2 da tre. A loro si aggiunsero i soliti Alexis e Shasky, 24 punti il primo, 22 il secondo, con 9 rimbalzi.

La salvezza finale arrivò all’ultima giornata, grazie ad una memorabile vittoria contro la Scavolini Pesaro di Darren Daye e Walter Magnifico, per 76-74, con un canestro decisivo dalla media distanza di Tosi e poi i liberi della staffa proprio di Mannella.

Purtroppo, in seguito, nei playout si infortunò Mario Piazza e la squadra risentì notevolmente della sua assenza, dato che ormai era per davvero l’italiano di spicco della compagine. Per questo, alla fine l’impresa riuscita in stagione regolare non si consolidò nei playout, causando il ritorno in A2.

Negli anni a seguire, il calore dei tifosi granata non si è mai esaurito, grazie ad altre buone stagioni disputate (nuovamente i playout per salire in A1 nella stagione 1993, con americani Alexis e Hurt), ed anche grazie ai tanti campioni nel tempo succedutisi, a partire da Ron Rowan e Stephen Howard (1994, il primo un marine bianco che una sera scrisse 43 con 6/6 da tre, il secondo capace di distruggere i vetri dei tabelloni con le sue schiacciate), fino ad arrivare a Franjo Arapovic (medaglia d’argento olimpica con la Croazia, nel 1992, con Toni Kukoc e Drazen Petrovic), Bob Thornton, Donato Di Monte, Marco Lokar, Elvis Rolle e Dale Solomon, per citarne alcuni, più ovviamente il barone Riccardo Sales, uno dei coach più forti del tempo nonchè persona di altissimo valore morale ed eleganza.

Per farvi capire ancora di più quale fosse l’orgoglio di quei ragazzi, che non moriva mai, nel 1995 i granata ormai ridimensionati andarono a vincere a Rimini, contro la Teamsystem capolista di Carlton Myers, fresco del record di serie A con 87 punti in una partita, più Ruggeri, Ferroni, Terenzi e Davis, sempre grazie ai soliti Piazza (18 con 2/4 da tre, 2 assist e 3 recuperi), Battistella (16 e 10 rimbalzi), Di Monte (18), Favero (11) e Tosi (5). Davvero altri tempi.

Ad ogni modo, e qui concludo, una storia bellissima, in fondo anche recente ma allo stesso tempo così distante perchè facente parte di un’epoca che ormai non c’è più, il miracolo di un gruppo che si è cominciato a costruire in serie C (Mannella e Castellazzi) ed è arrivato fino alla serie A1, creando stupore e suscitando emozioni infinite agli appassionati siciliani che, da ogni provincia, giungevano al PalaGranata per vedere le stelle che, di volta in volta, scendevano in Sicilia. Una storia d’altri tempi, quindi, tempi per eroi, tempi in cui nascevano le leggende, o semplici favole, comunque grandissime emozioni, scegliete voi.

Fonte video: Facebook, Poma M.

Andrea Di Vita