“Dopo un’amichevole di preseason contro Sacramento,soggiornammo al Palms a Las Vegas e la sera uscimmo con la squadra. Andammo in questo club che si chiamava “Rain”. Era un locale su tre livelli e noi eravamo sulla balconata dell’ultimo piano. C’erano BSahw e DFish con me e io iniziai a rappare a proposito della moglie di Doug Christie. Poi menzionai la guardia dei Kings,Mike Bibby e Cwebb e Vlade,insomma mi divertii a loro spese. Ovviamente tutti i giocatori dei Kings erano in quel locale. Erano al secondo piano e sentirono tutto ciò che dissi.Ma non mi interessava. Mi stavo solo divertendo.”

Parole tratte dall’autobiografia di Shaquille O’Neal,socio di minoranza dei Sacramento Kings,tuttavia noto per essersi dilettato nel gioco della pallacanestro fino a qualche tempo fa,assommando 28596 punti e dominando in campo e fuori in una maniera unica e irripetibile. Fu proprio all’apice della sua carriere,quando indossava la canotta gialloviola,e precisamente nella stagione 2001-2002,che si creò una squisita rivalità tra le due squadre che sfociò in una finale di conference considerata una tra le più belle di sempre,il derby tutto californiano tra i dominanti Lakers,all’epoca padroni indiscussi della Lega , e gli spettacolari Kings,definiti da Sports Illustrated “The greatest show on court” e dall’inimitabile Buffa come la “Anna Kournikova della Nba. Bella,giornali titoli…vincere però?Brutto?”

Analizziamo il loro roster in quel periodo:

Point Guard:Mike Bibby Segni Particolari: Ottimo tiro dalla media e lunga distanza,buona conduzione del contropiede e gestione del Pick & Roll,,grandi doti di leadership,go-to-guy dal sangue freddo

Shooting Guard: Doug Christie Segni Particolari: Mastino difensivo da primo quintetto All-Defensive,cecchino dai 7.25 metri,grande atletismo e versatilità

Small Forward: Predrag “Peja” Stojakovic Segni Particolari: uno dei pochi essere umani a vedere una vasca da bagno al posto del canestro,realizzatore versatile e chirurgico tiratore di liberi,abbonato fisso ai 20 punti a sera ai Kings

Power Forward:Chris Webber Segni Particolari:entrato nell’immaginario collettivo nel suo anno da rookie posterizzando Charles Barkley con una schiacciata ripresa anche in uno spot Nike,definito da Phil Jackson nella sua autobiografia uno dei migliori 3 giocatori della lega nella stagione 2001-2002,costanza di rendimento,rapidità ed atletismo atipici per un “4”,visione di gioco stellare,mano molto educata da 3 e una conoscenza del gioco in post basso enciclopedica.

Center:Vlade Divac Segni Particolari:Grande mobilità in rapporto alla massa,se la gioca con Bill Walton per il titolo di miglior “lungo passatore” di sempre,la sua visione di gioco,abbinata a quella di Webber, era un’arma micidiale nello schema Princeton Offense impiantato dal vice-allenatore ex-Princeton Pete Carill

Non dimentichiamo il grande apporto dalla panca di gente come Bobby Jackson e Corliss Williamson,Sesto Uomo dell’anno nel 2002 e attuale assistente allenatore dulla panchina dei Kimgs e la presenza al roster di giovani promettenti come Hedo Turkoglu e Gerald Wallace,all’epoca il più classico dei fenomeni atletici “corri e salta” da Nba.

In panchina siedeva Rick Adelman,uno dei più carismatici e rispettati coach Nba,sciamano del contropiede e specialista nel rilanciare squadre di media classifica. Negli anni della rivalità con i Lakers i media orchestrarono dei presunti attriti con Phil Jackson: Coach Zen era solito inserire negli scout video degli spezzoni di film per motivare i suoi (visionario,c’è poco da dire);prima di una partita con i Kings inserì nel montaggio alcuni spezzoni di American History X,film che vede protagonista Edward Norton nel ruolo di un naziskin,ma la stampa,venuta a sapere questa cosa ha accusato Jackson di aver paragonato Adelman,complici i suoi baffetti, e Jason Williams,all’epoca play dei Kings tatuato e dal cranio rasato,ad un naziskin. Questa è una delle tante rivalità racchiuse nelle sfide tra i cugini californiani,come quella tra Shaq e Divac,che si punzecchiavano continuamente sull’irregolarità delle loro giocate o quella tra lo stesso Jackson e la tifoseria di Sacramento,accusata di essere composta da bovari da Coach Zen che ha dimostrato più volte che con le parole sa essere più velenoso del Black Mamba con la palla.

Il culmine della loro rivalità è raggiunto,come detto,nelle finali di Conference 2002:sette gare al cardiopalma segnate da episodi incredibili,polemiche arbitrali e voci che volevano un complotto tramato per mandare i Lakers in finale clamorosamente confermato da Tim Donaghy,arbitro di quelle finali,il quale dichiarò che la Lega lo aveva costretto a favorire i Lakers in Gara-6 per allungare la serie. Gara 1 fu vinta dai Lakers 106-99,trascinati da 30 punti di Kobe e 26 di Shaq che hanno reso inutili i 28&14 di Webber,unico trascinatore dei Kings che si sono rifatti in Gara 2 per 96 a 90 annullando 35 punti di Shaq e riconfermandosi anche in gara 3 con uno scarto a due cifre. Gara 4 è la partita clou di questa serie segnata da una tripla allo scadere di Horry della quale prescriverei la visione almeno una volta  a settimana a chi dice che il basket “non è poi sto granchè come sport”. In gara 5 i Kings la spuntano di un punto guidati da un Bibby a cui mancava solo la mimetica per essere scambiato per un cecchino e in gara 6 i Lakers si impongono 106 a 102 in un mare di contestazioni. E’ gara 7,la Terra Promessa per ogni tifoso,specialmente se è tra due squadre che per quanto si odiano scenderebbero in campo anche armate (Arenas,ho usato il condizionale!). Come ogni Gara 7 che si rispetti anche la nostra finisce ai supplementari dove alla fine i Kings si arrendono ai 75 punti di Shaq&Kobe (ah,se non avessero litigato forse oggi avrebbero bisogno di più di una mano per infilare tutti gli anelli) che portano i Lakers alle finali di quell’anno in cui pare abbiano avvistato in un cameo anche i New Jersey Nets. I Kings non torneranno mai più ad un passo dalla finale,ma la squadra di quell’anno ha segnato l’immaginario collettivo più di alcune formazioni campioni NBA e anche se la prima cosa che viene in mente pensando a quella serie è l’urlo di BigShot Rob in uno Staples in furore dionisiaco dopo il buzzer-beater in Gara4,il loro gioco,la loro mentalità e i protagonisti di quelle finali rimarranno comunque nella storia.

                                                                                                                             Mattia D’Orazio