image

Sarebbe troppo facile dire che i Rockets hanno vinto per l’assenza di un certo Micheal Jordan. Gli Houston Rockets del biennio 94-95 sono una grandissima squadra, splendidamente allenata dal grande (anche ex giocatore di Houston) Rudy Tomjanovic, con una stella indiscussa come Hakeem Olajuwon e un supporting cast di eccellente livello. Ci sono insomma tutti gli ingredienti necessari per un’alchimia vincente.

Ma andiamo con ordine.  Rudy Tomjanovic è un grandissimo giocatore, capace di tenere medie di 30 punti ad allacciata di scarpe a Michigan State, viene scelto al draft dai San Diego Rockets, che poi diventeranno gli attuali Houston. La sua carriera prende una svolta significativa e crudele il 9 dicembre 1977, quando in seguito ad una rissa nella quale il nostro era intervenuto a pacificare gli animi, si prende un tremendo pugno da parte di Kermit Washington, giocatore dei Lakers. Questo pugno procurò a Rudy la frattura del  setto nasale, dello zigomo, lo spostamento della mandibola, una commozione cerebrale, facendo rientrare le ossa del cranio di 8 mm, causando svariati interventi chirurgici, vedendo compromessa la carriera. Nel ’91 Rudy divento capo-allenatore dei Rockets, riesce così a formare un nucleo intorno a Olajawon, formato da Kenny Smith, Vernon Maxwell, Otis Thorpe. Anche le prese al draft di Sam Cassell e Robert Horry si dimostrano particolarmente azzeccate.

image

Nella stagione 93-94 Hakeem riuscì, unico nella storia a vincere i trofei di miglior giocatore e difensore della regular season e di Mvp delle Finals, vinte in 7 gare contro i New York Knicks guidati da Pat Ewing e John Starks. Houston iniziò con 15 vittorie di fila e terminò la stagione con 58 vittorie, record di franchigia. Nei playoff si sbarazzarono per 3 a 1 di Portland, in 7 gare dei Phoenix Suns, per 4 a 1 dei Jazz. Nello scontro fra titani con Pat Ewing,  Hakeem totalizzò 27 punti di media con il 50% dal campo, stoppò il tiro di Starks e Houston, recuperando dallo svantaggio di 3 a 2 nella serie, vinse il titolo in casa nel celebre “Summit”.p>

image

Nella stagione successiva i Rockets, disputarono un campionato mediocre, tanto che rischiarono di non fare i playoff; decisivo fu lo scambio tra Thorpe e Clyde Drexler, che portò nella città dei razzi il vecchio amico e compagno di college di Hakeem. Nella postseason, partendo dalla sesta posizione Houston regolò Utah 3 a 2 , Phoenix rimontando da 3 a 1 e vincendo 4 a 3 all’ultimo respiro per 115 a 114. In finale di conference gli Spurs di Robinson furono battuti per 4 a 2 . L’Ammiraglio e The Dream diedero vita ad un meraviglioso duello, vinto dal ragazzo di origine nigeriana. In finale Olajuwon e i Rockets spazzarono via i Magic di Shaq e Penny Hardaway  con un netto 4 a 0. Hakeem concluse i playoff con 33 punti, 10 rimbalzi e 2,81 stoppate di media!

I punti di forza di Hakeem sono la tecnica sopraffina unita a una fisicità dirompente con una forza interiore molto particolare. Il ragazzo di origini nigeriane, arriva a Houston e non trova nessuno ad aspettarlo tanto che deve raggiungere con un taxi la sede del campus universitario. Uscirà da quel college con la chiamata numero 1 al draft del 1984, uno dei più talentuosi di sempre, (furono scelti dopo di lui Jordan, Sam Perkins, Barkley e Stockton), insieme ai draft del 1996 (quello di Iverson, Marbury, Ray Allen, Kobe e Nash) e 2003 (Lebron,Melo,Wade).

In questi ultimi anni ha migliorato il gioco in post dei vari Lebron, Carmelo, Kobe e adesso è nello staff dei Rockets per prendersi cura, stimolare e far crescere Dwight Howard. Altro particolare che ci fa riflettere: Olajuwon è musulmano e durante il periodo del Ramadan nel corso del giorno non può nutrirsi nè bere. Come ci ricorda Federico Buffa nel febbraio del ’95, nel periodo del Ramadan, The Dream ha vinto il premio del giocatore del mese, tenendo medie strabilianti per un giocatore normale, quasi eroiche per un giocatore che sta digiunando!

VIDEO: Hakeem Olajuwon top 10 (The Dream Shake #1 & #2)

 Altro personaggio di quei Rockets che merita una menzione speciale è sicuramente Robert “Big Shot” Horry. Nell’intervista recentemente rilasciata a Rivista Ufficiale Nba, Rob ci comunica che il titolo che ha apprezzato maggiormente dei suoi 7 anelli è proprio il secondo con i Rockets in quanto avevano sempre avuto lo svantaggio del fattore campo in tutte le 4 serie, ricorda con molto piacere la fiducia ricevuta ( e poi ripagata) da Rudy T , la classe di Hakeem e Clyde. Le medie in carriera di Horry parlano di 7 miseri punti ma Big Shot sapeva elevare in maniera incredibile il proprio gioco nelle partite da “Win or Go Home”. Era uno dei compagni di squadra su cui potevi sempre contare quando la posta in palio era altissima, la tensione e l’emozione alle stelle e il confine fra sconfitta e vittoria, paura e immensa felicità si faceva sempre più labile. I 7 titoli vinti con Rockets, Lakers, Spurs, con campioni come Hakeem, Drexler, Shaq, Bryant, Jackson, Duncan, Parker, Ginobili e Popovich sono lì a dimostrarlo.

VIDEO: Le 10 migliori giocate del back to back dei Rockets

(Fonti: Wikipedia, Basketball-Reference, Rivista Ufficiale Nba Giugno, Federico Buffa Characters)

Alessandro Rustici