La California come tutti la immaginate, spiaggia e sole, surf, soltanto gente atletica e sportiva, che tanto guadagna e tanto spende, un economia che gira, certo, tutto molto bello, come in un film. La verità, però, è che la cosa più stupefacente, in realtà, quella che davvero non ti aspetti, è che ogni 100 metri si può vedere un “homeless”, ovvero un senzatetto, rovistare nella spazzatura in cerca di cibo, ovunque, e di questo sembra che a nessuno importi nulla. Così a San Diego, così a San Francisco, a Hollywood, a Santa Monica, a Venice Beach. Roba da americani.

2013-03-20 20.14.27

Torniamo a noi, però, questa breve premessa non deve distoglierci da ciò che più conta, la pallacanestro, i playgrounds, in particolare quello di Pacific Beach, San Diego.Già, perché al Recration Center di Venice Beach ci siamo passati, una mattina, un paio di partite, livello basso, forse per l’orario, soltanto 1vs1, neanche con grandi “skills” peraltro, nessun divertimento.

2013-03-20 20.17.53

Torniamo a San Diego, qui, sempre al Recreation Center, si gioca a qualsiasi orario, ma il vero divertimento è dalle 17 in poi.

Se la palestra è libera, si gioca indoor, un campo in parquet niente male, anche con gli spalti per gli spettatori, se è occupata da altre attività, si gioca outdoor, due campi ben fatti, quattro canestri.

Noi arriviamo sempre verso le 17.30, le giornate sono perfette giocare, alle due farebbe troppo caldo, noi siamo in due, per chiarirvi le idee vi precisiamo il nostro livello di pallacanestro. Il primo di noi, Lobby, altezza 180 cm, nessun passato cestistico giovanile, fatto e formato sui playground milanesi, grande tiro dalla media, discreta proprietà di palleggio, buona stazza fisica ed atletismo, livello da promozione italiana, un’ala piccola, suppergiù. Il secondo, Drew, un play-guardia, poco più di 180 cm, più penetrazione che tiro, discreta visione di gioco, tecnicamente magari anche da c2 italiana, forse, fisicamente logoro, da pensionamento immediato.

Il playground negli U.S.A. è roba seria,  tutti sono atletici e fisicamente devastanti, tutti! Alcuni sono ex high scholl players, qualcuno ha assaporato il college basketball, la maggior parte sono tecnicamente formati outdoor, sempre con un atletismo debordante, sia bianchi che neri. Regole diverse, il fallo si chiama solo se è terminale, altrimenti via con le mazzate, il gioco è serio, ognuno vuole vincere,  gli avversari non si aspettano, se uno molla un attimo va punito, immediatamente.

Veniamo subito chiamati per giocare dentro, mancano due giocatori, “hey you guys, wanna play?”. Non ce lo facciamo ripetere, entriamo in campo, si gioca 5vs5, una squadra è fatta, gli altri tre sono un pivot nero, all’apparenza devastante, in realtà scarsissimo, e due bianchi, uno tiratore, uno scarso.

In campo si gioca seriamente, i falli davvero non si chiamano, si gioca. Tutti ci sanno fare, atleticamente sono allenati, duri, tosti, tecnicamente se ne può parlare, i nostri tre non sono granchè, tre assist di Drew, su pick’n roll, e gli consegnano le chiavi della squadra, poi il Lobby piazza tre jump shot di alto livello, parità sul 10-10. Si va avanti, il playmaker avversario, un passato a USD, senza borsa di studio però, ad ogni modo un discreto giocatore, chiede a Drew “why you never shot, guy?”, visto che questi si dedica a servire gli altri, soltanto tre canestri in penetrazione, la risposta è “cause I prefer to make assists”, per celare una evidente carenza di fiato e volontà di evitare le mazzate del pitturato.

DSCN0880

Subito dopo, su una palla fuori, gli avversari chiamano “check”, ovvero consegna della palla all’avversario per far ripartire il gioco, Drew capisce “break”, ovvero pausa, si ferma un attimo, si guarda intorno, nessuno infortunato, nessuno ad allacciarsi le scarpe, riparte e va dentro, gli altri non la prendono bene, randellata pazzesca! No foul!

Finisce 16 – 14, sconfitta più che onorevole, gli avversari erano cinque buoni giocatori, i nostri tre non erano granchè. A fine partita le solite domande sulla nostra provenienza, sull’Italia, in particolare l’interesse è per la t-shirt di Drew, che qui chiamano “jersey”.

Finita la partita, si va fuori, e ci si inserisce in un 3vs3, bruttissima partita, qui sono più scarsi e nessuno si passa la palla, giocano ognuno per se, attendiamo la fine per dileguarci.

Alle ore 19.30, ormai quasi buio, arriva la sorpresa, tre ragazzi che giocavano nella propria high school, tutti atleti e con gran fisico, un playmaker di 185 cm, altri due di 195 cm circa, uno, dai tratti somatici orientali, probabilmente un “3”, l’altro un “4”, meno mobile e più legnoso, buon tiratore, però.

Si organizza la partita, Aron, il playmaker, si tira fuori, per far giocare gli amici, convinto che gli avversari siano di basso livello. Entrano in campo, primi due tiri, due canestri, da lì in poi sono finiti, tre jump shot del Lobby ci portano sul +1, alla fine una tripla di Drew, che qui vale 2, per chiudere sul 5-2, vittoria. Tripla al buio, non si vedeva più nulla, per questo è andata dentro, probabilmente.

Seconda partita, stavolta in campo anche il playmaker, si vede che è forte, ci sa fare, la prima palla è nostra, due 1vs1 di Drew, due canestri, il primo in appoggio, il secondo sottomano rovesciato. La partita va avanti, 4-4, si deve arrivare a 6. Jump shot di Lobby, entrata di Drew, 6-4, nice move, nice shot. Point game!

Poi le solite domande di routine, uno dei tre esclama “He kicked my ass”, riferendosi al fatto che sorprendentemente ci fossimo rivelati meglio del previsto.

Nei giorni dopo ci rendiamo conto che questo Aron è uno dei migliori del playground, quello con più talento ed il passato più prestigioso, “do you need one?” chiediamo, e Aron ci vuole in squadra, si gioca bene, tanti assist e tanti passaggi, good move, good D, nice pass! Qui tutti tirano bene, la maggior parte aggiunge un buon 1vs1, frutto di mezzi atletici di altissimo livello, pochi vedono il gioco, hanno l’assist, mettono in ritmo i compagni, e chi lo sa fare si vede!

Una sera, durante una partita,  è arrivata in campo una palla da baseball dall’adiacente campo, panico tra i players, una palla da baseball in testa ti ammazza, è andata bene fortunatamente. Nessuna vittima, nessun ferito. Roba da U.S.A.

Alto il tricolore anche in California! Anche se il nick name ricevuto era Ginobili, yes man, Italia e Argentina, all the same. Ginobili  può andar bene comunque. That’s all falks, fuckin’ European defense, as they say in California!