LA FIGURA DELL’ASSISTANT COACH.
A qualsiasi livello, che una squadra giochi una finale di eurolega, o una finale NBA, o anche una finale nazionale di settore giovanile, la vittoria esalta i giocatori, assoluti protagonisti in campo, e la figura del capo-allenatore. Il coach e la squadra, infatti, sono considerati gli artefici di una vittoria e dei successi della propria squadra, società e città che rappresentano. Ma quello che spesso si dimentica è il lavoro della “squadra invisibile”, all’interno della quale ruolo particolarmente importante e di responsabilità ricopre la figura dell’assistant coach.
In origine, specialmente in Italia, lo staff tecnico era composto da allenatore, preparatore atletico e vice-allenatore, all’epoca una sorta di tuttofare che contribuiva visionando i giochi e le statistiche degli avversari, ed eseguendo i compiti assegnatigli dal coach, spesso di residua importanza. Negli States, invece, da sempre lo staff tecnico è stato considerato importantissimo e fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi della squadra, con varie figure di assistenti, tra le quali quelle principali del consultant coach e dell’assistant coach, il primo un vero e proprio allenatore e collaboratore del coach, al quale vengono attribuiti esclusivamente compiti tecnici e tattici, il secondo destinato a visionare i giochi avversari, preparare reports per i giocatori, e comunque lavorare con le statistiche.In realtà, negli Stati Uniti, specialmente nel basket di alto livello, quindi in Nba, sono davvero tante le figure che roteano attorno al coach, con molteplici ruoli e competenze spesso estremamente specifiche. Infatti, oltre al consultant coach sopra citato, la cui espressione più nota è quella di Ettore Messina nella sua breve esperienza ai Los Angeles Lakers, gli assistant coach si possono suddividere in vari gradi, ruoli e gerarchie, dall’assistente che cura la tecnica dei singoli giocatori, magari specificatamente di un solo giocatore, o per i giocatori di un determinato ruolo, al collaboratore che insegna determinati movimenti alle star del gruppo, vedi Akeem Olajuwon, o Jabbar, o Mc Adoo, che spesso spiegano il loro basket ai giovani lunghi, sempre meno pronti rispetto alle guardie, al loro arrivo in Nba, per arrivare infine ai veri e propri assistenti da combattimento, i veri giovani che vogliono affermarsi e, per riuscirci, devono masticare videocassette o, ormai, dvd, visionando avversari, giochi, raccogliendo informazioni e statistiche.
In Italia non siamo nè, probabilmente, mai saremo così sofisticati, tuttavia, ormai da qualche anno, anche da noi, la figura dell’assistente è stata rivaluta ed innalzata ad un ruolo superiore a quello precedente, il primo a darne risalto fu il celebre Tonino Zorzi che, in età ormai avanzata, decise di smettere di allenare per dedicarsi a fare l’assistente, fornendo preziosi consigli tattici e di gestione della partita al proprio capo-allenatore; ebbene, risulta evidente come il ruolo di assistente, inteso in senso classico, fosse abbastanza stretto per il Paròn, il quale, si potrebbe dire, ha rivoluzionato il concetto di secondo allenatore nel nostro campionato, riportandolo più alla figura del consultant coach.
Dopo di lui, primo fra tutti a dedicarsi al ruolo anche in giovane età e nel pieno della carriera, fu Luca Banchi. Dal 1987 al 1999 allena la squadra juniores del Basket Livorno, con cui vince 3 titoli nazionali nel 1995, 1996, 1997. Viene promosso a capo allenatore del Basket Livorno in Serie A2. Nel 1999 fa il suo esordio su una panchina della massima serie guidando la Pallacanestro Trieste per un biennio, prima di tornare a Livorno, nel frattempo promossa in Serie A. Seguiranno due esperienze in Legadue a Trapani e Jesi. Nel 2006, Nel 2006 diventa il vice allenatore dell’esordiente Simone Pianigiani alla Mens Sana Siena, con cui vince 6 scudetti consecutivi (dal 2006-2007 al 2011-2012), 5 Supercoppe italiane (dal 2007 al 2011), 4 Coppe Italia (dal 2009 al 2012). Nel giugno 2012 subentra allo stesso Pianigiani nel ruolo di capo allenatore della Mens Sana, ricevendo in eredità una squadra totalmente diversa e profondamente cambiata nel roster. Il 10 febbraio 2013 vince al Forum di Assago la Coppa Italia, battendo in finale Varese per 77-74. E’ il suo primo trionfo da capo allenatore.
Sempre nel panorama della Serie A spicca Lele Molin a Cantù. Una vita da lavoratore invisibile, prima a Treviso con Obradovic, D’antoni e Bucchi, e successivamente con Ettore Messina. Ricopre il suo primo incarico da head-coach, in seguito alle dimissioni dello stesso Messina da capoallenatore del Real Madrid il 4 marzo 2011. In tale data, viene comunicata la sua temporanea promozione a capoallenatore, almeno fino al termine della stagione, quando accetta un contratto di collaborazione, sempre come primo assistente, che lo lega alla Pallacanestro Cantù come supporto ad Andrea Trinchieri nella conduzione tecnica dell’Eurolega.
La figura dell’assistant coach è divenuto così “alla moda” che anche Fabrizio Frates, coach con molteplici anni di esperienza in serie A1, anche a Treviso, Cantù e Reggio Emilia, decise di dedicarvisi, coadiuvando Sergio Scariolo nell’Olimpia Milano, con scarsi risultati di squadra e, evidentemente, di coordinamento, poichè Frates si è dimesso da qualche mese. Non sapremo mai le vere ragioni del divorzio, sta di fatto che non sempre due galli riescono a condividere un pollaio.
Ormai celebre è anche il ruolo di Ugo Ducarello nella Dinamo Sassari. Il ragazzo, di pedigree non ancora paragonabile a quello dei precedenti citati, salito alla ribalta anche in virtù dei richiami che Gianmarco Pozzecco effettuava nelle proprie telecronache, è da sempre stimato da coach Sacchetti, che lo ha voluto con sè a Sassari dopo l’esperienza a Capo d’Orlando. Sacchetti, si sa, è un mago nella gestione dei propri giocatori e, conseguentemente, anche dei propri collaboratori, dai quali ottiene sempre il massimo. In particolare, Ducarello si occupa della pianificazione degli allenamenti e dell’analisi delle varie partite da disputarsi, prestando attenzione, in particolare, alle caratteristiche individuali e al sistema difensivo ed offensivo della squadra da affrontare, coadiuvando poi il coach nelle scelte tattiche da effettuarsi. Riveste inoltre un ruolo importante anche nella selezione e ricerca dei giocatori americani e, comunque, stranieri, da inserire in squadra.
Un’altra collaborazione duratura è quella tra Marco Calvani e Massimo Maffezzoli, il loro sodalizio è nato a Trapani, in serie B1 ed è arrivato, in un paio di anni, agli eccellenti attuali risultati della Virtus Roma. Non solo “nobili”, quindi, ottengono riconoscimenti nel ruolo di assistente, lo spazio comincia ad aprirsi anche per i giovani più preparati e volenterosi, per i quali è spesso ritagliato un ruolo collaborativo con il proprio coach, e non meramente limitato allo scouting ed ai reports degli avversari.
Infine, possiamo citare anche il veterano Marco Crespi, preso a Siena per perseguire nel lavoro iniziato da Banchi con Pianigiani. Dopo un’esperienza nello staff della nazionale, Crespi ha allenato Milano e Pesaro in Serie A, disputando anche l’Eurolega e la Coppa Saporta. È stato assistente del commissario tecnico della nazionale italiana Bogdan Tanjević nel 1997-98. Nello stesso periodo si è occupato della nazionale under-22, con cui ha preso parte agli Europei assistito da Gianni Lambruschi. Nel biennio 1998-2000 allena l’Olimpia Milano. Nel 2000-01 passa alla Pallacanestro Biella e, coadiuvato dal vice Alessandro Ramagli, conduce la squadra alla promozione nella massima serie. Dal 2006 al 2012 ha allenato la Junior Casale Monferrato, vero e proprio deus ex machina della società piemontese. Dimessosi il 5 febbraio 2012, viene ingaggiato come viceallenatore di Luca Banchi alla Mens Sana Basket.
Questi sono i casi maggiormente noti ed importanti nel panorama cestistico italiano. Assistenti che, spesso in silenzio e lontani da telecamere, microfoni e taccuini, lavorano per costruire i successi e le vittorie delle proprie squadre. Spesso l’assistente è un ragazzo cresciuto in casa ed utiliazzato dal coach di turno per gestire squadra ed allenamenti, altre volte, invece, è parte integrante di uno staff, la mansione sicuramente più gratificante. Come abbiamo visto, la carriera di un assistente può essere letta con differenti obiettivi: lo si fa per guadagnare esperienza per poi diventare o tentare di diventare un allenatore a tutti gli effetti, oppure potrebbe essere uno “strumento” del club, affiancandosi al capo allenatore che può cambiare di volta in volta, o infine come supporto di esperienza o, comunque, come membro effettivo ed importante all’interno dello staff tecnico. Lavorare, convivere e collaborare nel mondo della pallacanestro, per perseguire un obiettivo unico, giocatori, coach e staff!