Qualche giorno fa, nell’occuparmi della redazione di un articolo su 5 dei più bassi giocatori della storia dell’NBA (che, a proposito, potete leggere qui http://gigantidellapallacanestro.wordpress.com/2013/02/27/cinque-piccoli-uomini-nella-terra-dei-giganti/), ho esordito sottolineando che probabilmente, quando si pensa al prototipo del perfetto cestista, il primo aggettivo che viene alla mente è “alto”; e d’altronde, se lo scopo del gioco è depositare un pallone all’interno di un anello situato a 305cm da terra di certo non è uno svantaggio godere di una distanza ravvicinata dallo stesso.

Alto, dunque: ma alto quanto?

Muresan
Un inquietante Gheorghe Mureșan

Secondo recenti statistiche, l’altezza media di un giocatore NBA oscilla attorno ai 200 cm (misure ovviamente destinate a salire se ci si concentra sui centri), ossia, prendiamone tristemente atto, ben 25cm in più della media del maschio italiano (e orientativamente anche di quello americano).

Proviamo a fare un gioco: se state leggendo questo articolo quasi certamente siete italiani, e se vi ritrovate nelle succitate misurazioni provate ad immaginarvi accanto ad un giocatore NBA che si attesti sulla media: voglio essere buono e ne scelgo uno nemmeno troppo clamorosamente fisicato, Kobe Bryant, 198 cm per 93 kg.

Inevitabilmente, più o meno sparite: bella forza, direte, accanto ad un gigante!

Beh, attenti ad abusare del termine perché altrimenti rischiereste di trovarvi a corto di definizioni se per caso vi dicessi di provare a sostituire Kobe con Chuck Nevitt, 226 cm di maschio del Colorado ed appena quinto giocatore più alto della storia della NBA.

A lui, e ai quattro addirittura in grado di sovrastarlo, è dedicato questo articolo.

5. Chuck Nevitt (226 cm – 113 kg)  Chuck-Nevitt

Cominciamo proprio con Chuck, il meno importante e paradossalmente più vincente giocatore del nostro quintetto di giganti.

Nove stagioni da “precario” in NBA, 155 partite giocate per 826 minuti complessivi in campo (sommandoli, una ventina scarsa di partite!), ma con la fortuna di trovarsi in squadra con chi ha fatto la storia della pallacanestro mondiale (e la bravura di approfittarne).

Selezionato dagli Houston Rockets con la pick n.63 del Draft 1982, disputerà con loro solo 6 partite della stagione 1982/83 (10.7 MPG, 3.8 PPG, 2.8 RPG e 2 BPG).

Si rivedrà in NBA nel 1984/85 e ne diverrà addirittura campione con i Los Angeles Lakers targati Magic Johnson e Kareem Abdul-Jabbar, dove svolgerà inevitabilmente un ruolo da comprimario (11 partite giocate, 5.4 MPG, 1.1 PPG, 1.8 RPG e 1.4 BPG).

Comincerà ancora ai Lakers la stagione 1985/86 (altre 4 partite, 6.3 MPG, 2.5 PPG, 1.8 RPG e 0.5 BPG) per poi trasferirsi ai Detroit Pistons, dove completerà l’annata e resterà fino al 1987/88 (per un totale di 83 partite giocate, 5.2 MPG, 1.5 PPG, 1.5 RPG e 0.6 BPG) per poi tornare successivamente agli Houston Rockets per le stagioni 1988/89 e 1989/90 (43 volte in campo il primo anno, appena 3 il secondo, 5.1 MPG, 1.4 PPG, 1.4 RPG e 0.5 BPG).

Apparirà ancora nel 1991/92 con i Chicago Bulls di Michael Jordan (contratto da 10 giorni, 4 partite giocate, 2.3 MPG, 0.5 PPG e 0.3 RPG), per poi concludere con un’ultima partita, il season opener del 1993/94, stavolta con la maglia dei San Antonio Spurs (1 minuto in campo, 3 punti e 1 rimbalzo).

4. Shawn Bradley (229 cm – 125 kg)bradley9

Tutt’altri numeri offre invece la carriera di Shawn Bradley, nato in Germania (della cui nazionale vestirà, pur brevemente, i colori) ma cresciuto negli USA, per la precisione nello Utah dove nel triennio 1987/1990 diverrà uno dei più vincenti e importanti giocatori di sempre a livello di high school, portando l’Emery High School alla vittoria di due campionati statali e producendo una media di 20.3 PPG, 11.5 RPG e 5.4 BPG.

Durante il periodo al College, alla Brigham Young University, diverrà nel 1990/1991 primatista nazionale per numero di stoppate complessive (177) e per partita (5.2).

Di radicata fede mormone (da questa derivano gli, oserei dire fantastici, soprannomi “The Stormin’ Mormon”, “Mormon Mantis” e “Praying Mantis”), trascorrerà 2 anni in missione in Australia per la sua chiesa, per poi tornare alla pallacanestro entrando in NBA dalla porta principale, selezionato dai Philadelphia 76ers con la pick n.2 del Draft 1993.

Per i Sixers giocherà durante le stagioni 1993/94, 1994/95 e parte della 1995/96 (143 partite giocate, 28.5 MPG, 9.6 PPG, 7,4 RPG e 3.2 BPG; nel 1994/95 stabilirà il record di stoppate stagionali per un giocatore della franchigia, 274) per poi trasferirsi brevemente ai New Jersey Nets, dove completerà la stagione 1995/96 e inizierà la 1996/97 (107 partite giocate, 30.1 MPG, 12.3 PPG, 8 RPG e 3.8 RPG; nel 1995/96 diventerà il primo giocatore della storia della NBA a compiere 2 volte in una singola stagione l’impresa di mettere a referto almeno 10 stoppate in 2 partite consecutive).

Concluderà ai Dallas Mavericks l’annata 1995/96 e qui porrà fine alla sua carriera dopo altre 8 stagioni: con questa maglia giocherà complessivamente 582 partite, con una media di 21 MPG, 6.9 PPG, 5.7 RPG e 2.14 BPG (1250 stoppate complessive); durante questo periodo sarà due volte miglior stoppatore della lega (1996/1997, miglior media di stoppate a partita, 3.4; 2000/2001, maggior numero di stoppate complessive, 228).

3. Yao Ming (229 cm – 141 kg) Yao-Ming

Alla terza posizione in classifica (229 cm condivisi con Bradley ma qualche kg in più) troviamo la leggenda del basket cinese Yao Ming, probabilmente il giocatore più talentuoso di questo particolare quintetto ma la cui importanza va ben oltre gli stessi risultati sul campo, essendo a lui dovuto un esponenziale aumento dell’importanza dell’NBA e della pallacanestro in generale nel continente asiatico; per comprendere il valore dell’atleta e la stima che lo stesso ha in patria basti pensare che è stato portabandiera della Cina tanto ai Giochi Olimpici di Atene 2004 quanto a quelli casalinghi di Pechino 2008, e che in questa seconda occasione hanno addirittura insistito dopo un suo iniziale rifiuto per “eccesso di modestia” (ah, i cinesi!).

Figlio d’arte (nazionali tanto il padre quanto la madre), misurava 165cm già all’età di 10 anni; esaminato da specialisti, questi stabilirono che avrebbe sfondato i 220cm, e la storia ci dice che non si sbagliavano.

La sua carriera nel basket inizia alla veneranda età di 13 anni quando, grazie a devastanti allenamenti di oltre 10 ore al giorno (di nuovo.. ah, i cinesi!), riesce a guadagnarsi l’ammissione alla squadra giovanile degli Shangai Sharks, dove trascorrerà 4 anni prima di passare alla prima squadra (e non voglio nemmeno sapere a quante ore di allenamento giornaliere si era giunti a questo punto) dove resterà per altre 5 stagioni, e dove riuscirà a vincere il campionato CBA (Chinese Basketball Association) nel 2001/2002, laureandosi contemporaneamente MVP delle finali: impressionanti le sue statistiche durante i playoff in questione, con 38.9 PPG e 20.2 RPG, 76.6% dal campo con un incredibile 100% (21/21) in un incontro.

Entrerà in NBA con il Draft 2002 (accolto in parte anche da un certo scetticismo, ben presto spazzato via da prestazioni sempre più convincenti), selezionato con la pick n.1 dagli Houston Rockets, primo cinese a riuscire in tale impresa, e qui resterà fino al suo ritiro datato 20 Luglio 2011, portando per 4 volte la squadra ai playoff; va però segnalato che dopo un grave infortunio (frattura al piede sinistro) patito al termine della stagione 2008/2009, l’ennesimo della sua carriera, salterà integralmente la stagione 2009/2010 e scenderà in campo solo 5 volte in quella 2010/2011.

Con la maglia dei Rockets giocherà complessivamente 486 partite con una media di 32.5 MPG, 19 PPG, 9.2 RPG, 1.9 BPG; parteciperà ad 8 All Star Game (grazie anche e soprattutto all’immenso bacino di voti cinese), sarà selezionato 2 volte per l’All-NBA Second Team (2007, 2009) e 3 volte per l’All-NBA Third Team (2004, 2006 e 2008).

Sarà inoltre faro assoluto della propria nazionale, che condurrà a 3 vittorie consecutive (2001, 2003 e 2005) nei campionati asiatici, laureandosi MVP in tutte e 3 le circostanze.

2. Manute Bol (231 cm – 91 kg)Bol

A pochi millimetri dalla vetta della classifica, i 231 cm di Manute Bol permettono di raccontare la favola di uno dei giocatori più benvoluti da fan e addetti ai lavori.

Nato in Sudan in un villaggio Dinka, trascorrerà una umilissima giovinezza badando ai greggi di pecore e sviluppando immediatamente una straordinaria altezza, che egli stesso definirà come non particolarmente strabiliante nel suo nucleo familiare (madre 208 cm, padre 203 cm, sorella 203 cm, bisnonno addirittura 239 cm.. complimenti!).

Dopo un breve approccio con il calcio, abbandonato per l’altezza sempre più penalizzante, inizierà dunque con il basket, venendo presto notato da uno scout statunitense che lo convincerà a trasferirsi, appena diciottenne e senza conoscere una parola di inglese, negli Stati Uniti.

L’inizio non sarà assolutamente dei migliori: selezionato dai San Diego Clippers con la pick n.97 del Draft 1983, sarà successivamente dichiarato non eleggibile con conseguente invalidazione della scelta.

Stanti la grandi difficoltà di ambientamento e la totale non conoscenza della lingua, Bol vivrà una pessima esperienza alla Cleveland State University, prima di trasferirsi alla University of Bridgeport dove riuscirà finalmente a trovare la quadratura del cerchio, fuori e dentro il parquet, con una stagione da 22.5 PPG, 13.5 RPG e 7.1 BPG che gli varrà la chiamata, stavolta convalidata, al Draft 1985, selezionato dai Washington Bullets con la pick n. 31.

Resterà con Washington 3 stagioni (239 partite giocate, 19.9 MPG, 3 PPG, 4.6 RPG e 3.8 BPG), e il suo impatto nella lega sarà immediato: nella sua stagione da rookie metterà a referto 397 stoppate, secondo posto assoluto dietro le 456 di Mark Eaton nella stagione 1984/85; da segnalare inoltre che durante l’annata 1987/88 sarà compagno di squadra di Muggsy Bogues, il giocatore più basso della storia della NBA con i suoi 160 cm (71 cm di differenza!).

Si trasferirà successivamente ai Golden State Warriors, dove trascorrerà le stagioni 1988/89 e 1989/90, e dove incontrerà coach Don Nelson, che influenzerà moltissimo il suo stile di gioco.

Bol infatti, assolutamente solido dal punto di vista difensivo, trovava difficoltà ben maggiori in ambito offensivo soffrendo la stazza degli avversari, molto più bassi di lui ma spesso ben più pesanti dei suoi 91 kg.

Fu per questo che Nelson ebbe l’idea, apparentemente folle, di fare specializzare Bol nel tiro da 3, elemento assolutamente fuori contesto per un giocatore della sua statura: i risultati non furono fenomenali (nella stagione 1988/89 concluderà con un complessivo di 20/91), ma l’inedita immagine del gigante tiratore contribuì a fare aumentare la notorietà del giocatore e le simpatie del pubblico nei suoi confronti.

Concluderà con i Warriors con 155 partite giocate, 19.8 MPG, 3 PPG, 4.8 RPG e 3.8 BPG.

Trascorrerà poi 3 stagioni ai Philadelphia 76ers, dal 1990/91 al al 1992/93, giocando 211 partite con una media di 17.2 MPG, 1.8 PPG, 3.6 RPG e 2.7 BPG, e dando inizio alla fase calante della sua carriera; la stagione 1992/1993 sarà però anche teatro della sua più incredibile partita, quando di fronte ai Phoenix Suns di Charles Barkley metterà a segno un clamoroso 6/12 da 3 punti, tutti negli ultimi 20’ di gioco, con gli spettatori ad urlare “tira!” dagli spalti ogni qualvolta la palla finisse tra le mani del gigante sudanese.

Concluderà la sua carriera con 14 presenze nella stagione 1993/94 (suddivise tra 3 squadre: 8 con i Miami Heat, 2 con i Washington Bullets e 4 con i Philadelphia 76ers) e con 5 presenze con la maglia dei Golden State Warriors nella stagione 1994/95.

Al termine della sua carriera sarà l’unico giocatore della storia della NBA ad aver messo a referto più stoppate che punti: 2086 contro 1599.

Da segnalare, nel 1996, una brevissima apparizione in Italia a Forlì, 2 partite a 5.5 PPG.

1. Gheorghe Mureșan (231 cm – 143 kg) MuresanJordan

Ed eccolo, infine, gigante tra i giganti, il giocatore più alto della storia della NBA, 7 piedi e 7 pollici certificati dal n.77 della sua maglia, un capello sopra Bol (va comunque notato che mentre le dimensioni del sudanese erano frutto solo dei geni di famiglia, il gigantismo di Mureșan è invece prodotto di un disordine della ghiandola pituitaria) ma allo stesso tempo decisamente più massiccio.

La carriera di Mureșan si divide tra Europa ed NBA, e come la maggior parte dei suoi succitati immensi colleghi è un fiore che non sboccia sotto il peso di un corpo troppo facilmente predisposto agli infortuni: dopo gli inizi all’Università di Cluj si trasferisce in Francia, disputando la stagione 1992/1993 con il Pau-Orthez e venendo immediatamente attenzionato dagli scout NBA, per essere poi oggetto di Draft nel 1993, pick n.30 dai parte dei Washington Bullets.

Nel campionato americano resterà per 6 stagioni, 4 con i Bullets (dal 1993/1994 al 1996/1997, inframezzate da un rapidissimo ritorno al Pau-Orthez per 4 partite) e 2 con i New Jersey Nets (1998/99 e 1999/2000), ma soltanto con i primi riuscirà ad esprimere il proprio valore, con 276 partite giocate ed una media di 23.4 MPG, 10.5 PPG, 6.8 RPG e 1.6 BPG; zenit della sua carriera NBA sarà in particolare la stagione 1995/96, caratterizzata da una media di 14.5 PPG, 9.6 RPG e 2.3 BPG che gli valsero addirittura il titolo di “Most Improved Player of the Year”, a cui purtroppo sempre crescenti difficoltà fisiche non consentiranno di dare seguito.

In maglia Nets disputerà solo 31 incontri, con una media di 8.9 MPG, 3.5 PPG e 0.4 BPG.

Prima del definitivo ritiro, giocherà ancora a Pau-Orthez per 3 stagioni e disputerà una partita-celebrazione nella ABA con i Maryland Nighthawks, come parte della formazione più alta della storia della pallacanestro (trovandosi per la prima volta a non essere il più alto in quintetto, sovrastato dai 236cm del cinese Sun Mingming).

Tornato negli USA al termine della carriera sportiva si lancerà in quella dello spettacolo, con risultati anche qui non strabilianti se si pensa che gli highlights sono un filmetto comedy con Billy Crystal (My Giant) e una partecipazione nel video di Eminem “My Name Is” (è l’inquietantissimo ventriloquo).

In conclusione, una dovuta precisazione: nel quintetto succitato non figura Slavko Vraneš, da alcuni ritenuto il terzo giocatore più alto della storia della NBA con i suoi 230 cm ma che, al momento della sua unica apparizione nel massimo campionato americano (2003/04 con i Portland Trail Blazers) ne misurava “appena” 226.

3 minuti in campo, 1 tiro sbagliato e 1 fallo, ho deciso di escluderlo: non me ne vorrà (o almeno lo spero, perché 226 o 230 che siano per me resta decisamente fuori portata!).