Dopo la vittoria contro l’Olimpia Milano, la Trenkwalder si candida ad ottenere un posto playoff in vista di questo emozionante finale di stagione.

Ma torniamo indietro di qualche anno.

Estate 2004, voci d’oltreoceano raccontano che, in un pomeriggio di fine agosto, Mike Mitchell, negli States, guardando casualmente una partita di pallacanestro in televisione, esclamò: “hey, I know who that guy is!”. Il grande Mike stava guardando in tv la nazionale italiana che, di lì a poco, si apprestava a conquistare l’argento olimpico. Quel ragazzo era Gianluca Basile, ai tempi 29enne, guardia che con i suoi tiri ignoranti stava demolendo letteralmente la Lituania dei campionissimi baltici.

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Il buon Mike, purtroppo venuto a mancare un paio di anni fa, all-star Nba e poi fenomeno assoluto in Italia aveva fatto in tempo a giocare, ormai quarantenne, con un Gianluca Basile giovanissimo, in quella che, per uno era la casa dove concludere in modo sontuoso una grande carriera, per il secondo il nido da dove lanciarsi nel palcoscenico del basket che conta, la Pallacanestro Reggiana.

Di aneddotti come questo, relativi al basket targato Reggio Emilia ce ne sono tantissimi, parliamo di una società che da sempre si esprime nei massimi campionati italiani, da qui, negli anni ’80, periodo della storica promozione in A1 del 1984, sono passati Bob Morse, Giuseppe Brumatti, Joe Bryant e Roosvelt Bouie, tutta gente di altissimo livello. Nessuno di loro, però, è paragonabile a Mike Mitchell.

Mike arrivò nella stagione 1992/93, dopo una vita già vissuta intensamente, sia in campo, con una carriera Nba notevole, sempre oltre i 20 punti a partita, soprattutto nei Bruise Brothers di San Antonio, poi in Europa a Brescia, Napoli e al Maccabi Tel Aviv, con conquista del titolo israeliano, sia fuori dal campo, uscendo brillantemente dal baratro della droga, cosa che poi lo ha spinto ad essere attivo nella campagna di informazione e nella lotta contro la tossicodipendenza.  Di Mike in questo articolo ne parliamo solo incidentalmente, di aneddoti su di lui ne conoscete già tantissimi, se ne trovano anche in rete, il suo procuratore era Federico Buffa, un cantastorie come nessun altro nel panorama cestistico italiano, il numero 1 nel suo campo, ve ne racconterò io uno, inedito, vissuto in prima persona, quando ancora i giocatori di basket, per me, erano degli eroi.

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Mike era già 40enne, la squadra avversaria annuncia di aver trovato la soluzione per arginarlo, ovvero mettergli contro un giocatore più lento ma molto più alto, un argento olimpico per la precisione, per oscurargli la visuale, per stopparlo, senza perdere troppo in velocità, data l’età ormai avanzata dell’ala da Atlanta, neanche sto qui a raccontarvi la partita, vi indico solo le cifre, 46 punti! Questo era Mike Mitchell, un campione vero, non un atleta fuori dal comune, ma dotato di una tecnica devastante, un gran tiro dalla media, capacità di concludere anche in gancio, un realizzatore come pochi.

Questa breve deviazione gli era dovuta, ma adesso torniamo al nostro articolo, la Reggiana, la squadra in cui Gianluca Basile è cresciuto, dopo i primi passi a Ruvo di Puglia, ed è esploso. A Reggio, per un paio di stagioni, Gianluca incrociò un Mike Mitchell ormai a fine carriera e, nella stagione 1997/98, con l’americano fuori per un infortunio, raggiunse la semifinale playoff con una squadra che si era salvata proprio all’ultima giornata di campionato. L’allora CFM, composta oltre che dal Baso, da Montecchi, Davolio, Damiao, Jent, Pastori e Ragazzi, superò nei quarti di finale la grande Benetton di Zelimir Obradovic volando in semifinale, poi persa 3-0 contro la Fortitudo, ma con scarti ridotti.

gianluca_basileLa Benetton Treviso quell’anno era squadra da Final Four di Eurolega ma fu battuta 3-2 dalla sorprendente Reggio Emilia.  In gara 5 di quella serie, Basile giocò tutti i 40 minuti, segnando 24 punti con 11 falli subiti, 6 rimbalzi, 3 recuperi, e 12/14 dalla lunetta. Questa impresa resta probabilmente la più grande compiuta dalla pallacanestro Reggiana e uno dei risultati sportivi più inaspettati della storia del campionato italiano. Oltretutto decretò ulteriormente il ruolo di spicco dei reggiani nel palcoscenico cestistico italiano. Quella notte del 30 aprile 1998, Gianluca Basile smise di essere una promessa o un emergente e diventò di fatto una delle grandi stelle del basket italiano, conteso dai club migliori e pronto per diventare un uomo-bandiera prima alla Fortitudo e poi al Barcellona ma anche in Nazionale con la quale avrebbe vinto il titolo europeo del 1999 e l’argento olimpico del 2004. Tutto partendo da Reggio Emilia.

Non solo Basile, però, qui a Reggio sono esplosi altri grandi campioni della nostra nazionale. Il primo della lista è sicuramente Angelo Giglio, romano ma reggiano d’adozione, disputa varie stagioni memorabili a Reggio Emilia, raggiungendo la finale di coppa Italia e altri strepitosi successi in compagnia, tra gli altri, di Marco Mordente, Damiao, Boscagin, Kiwane Garris e Lacey, e anche Terrel Mc Intyre nel suo ultimo anno, stagione durante la quale fece parte continuativamente degli Nba Mock Draft 2006, ovvero di coloro che potevano aspirare ad una chiamata Nba.

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Anche Marco Mordente, stellina dell’Olimpia Milano, playmaker del futuro, si è ricostruito una carriera a Reggio Emilia, da guardia, approdando da qui prima a Treviso e poi in Nazionale, tutto basato sulla fiducia conquistata in Emilia. Adesso è il turno di Antonutti e Cinciarini, con carriere e prospettive diverse, entrambi artefici di una grande stagione personale e, nell’insieme, degli ottimi risultati della Reggiana.

Non c’è da stupirsi se a Cantù ancora si mangiano le mani per lo Javier Zanetti reggiano, seppur milanista di fede, e per Greg Brunner, l’asse play-pivot della squadra, l’anno scorso militanti entrambi in Brianza ma non capaci di mostrare tutto il loro talento al Pianella.

Con questi due, Taylor, e tutti gli altri, la Reggiana quest’anno può sognare. Questa è Reggio Emilia, una città dove il basket è di casa.