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Domenica 8 giugno 1997,Delta Center di Salt Lake City,Gara 4 tra Jazz e Bulls,Chicago avanti 2-1 nella serie e di 1 in questa partita agli sgoccioli quando Michael Jordan si prende un tiro dalla media. MJ sbaglia e John Stockton afferra il rimbalzo,nel frattempo Karl Malone,in contatto telepatico con il suo play,scatta in contropiede;è un istante,John non ha quasi neanche il bisogno di guardare e scodella un passaggio a tutto campo da far invidia a Peyton Manning,storico quarterback NFL,che supera appena il rientrante felino col numero 23 e finisce nelle mani del Postino che,per buona pace di Scottie Pippen,consegna anche la domenica e deposita i due del sorpasso. Gli americani sono i campioni del mondo quando si tratta di retorica e non ci misero un attimo nell’iscrivere questa giocata nella storia del gioco col nome di “The Pass”,la sintesi perfetta dei diciannove anni più gloriosi della storia dei Jazz, che porterà Utah sul 2-2,ma non all’anello,su cui in gara 5 un febbricitante Jordan mise una grossa ipoteca realizzando tanti punti quanti i suoi gradi corporei,38 (sissignori),scrivendo una delle pagine più belle della sua cariera. Il nostro duo si arrenderà in finale anche l’anno successivo,sempre con i Bulls,sempre in Gara 6,quando MJ si servì di un malcapitato Byron Russell per autografare la sua eredità cestistica con “The Shot”, Il Tiro,”Michelangelo che dipingeva la Cappella Sistina”,lo descrive meravigliosamente Buffa,testimone oculare di quella partita.Se non ci fossero stati “The Flu Game” e “The Shot”, forse le due statue davanti al Delta Center non sarebbero l’unico riconoscimento concreto a due delle carriere più straordinarie della storia del gioco,una coppia di storie improbabili che potevano incrociarsi in uno solo paese al mondo.

 

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Tutto nasce alle selezioni di Bobby Knight per le olimpiadi di Los Angeles ’84,Stockton è appena uscito dall’università di Gonzaga,non esattamente la Sorbona per un prospetto del basket oggi,nonostante sia stata portata alla ribalta da John (Robert Sacre,inarrestabile ballerino futuristico delle panchine NBA, è l’ultimo passato di qui ed andato nella Lega),figuratevi allora,e Malone è un junior a Louisiana Tech;nessuno dei due viene preso,ma non stupitevi:con loro fece i bagagli anche Charles Barkley,che compromise i rapporti con l’irascibile Knight (a cui si ispirò Nick Nolte per interpretare l’allenatore di “Blue Chips”) facendo un particolare apprezzamento per le sue scarpe (sia John che Karl,e anche Charles,vinceranno due ori olimpici a Barcellona e Atlanta). John volerà subito a Utah con la 16 scelta e l’anno dopo lo raggiungerà Karl,preso con la scelta numero 13 (L’espressione “Steal of the Draft” in entrambi casi è assai riduttiva). Malone impiegherà 5 partite a guadagnarsi un posto in quintetto che non abbandonerà mai più,mentre Stockton approfitterà dell’assenza di Ricky Green per folgorare definitivamente Jerry Sloan,l’architetto degli anni d’oro dello “Stocktontomalone”,l’Highlander degli allenatori,l’equivalente a stelle e strisce di Alex Ferguson. Da lì tutto in discesa,per John,Karl e la storia del basket. A partire dal 1992 sfiorano per 3 volte l’accesso in Finale,arrendendosi ai Blazers e due volte ai Rockets,ed è solo nel 1997 che Stockton,con un tiro da 10 metri contro i Rockets,regala ai Jazz la prima Finale NBA (vedi sopra) a cui seguirà la seconda nel 1998 (rivedi sopra). La coppia continua a collezionare record e si separa solo nel 2003,dopo la sconfitta nei playoff contro Sacramento: John appende le scarpe al chiodo e Karl vola da Coach Zen, il Black Mamba ,Shaq e le spiagge di L.A. per un ultimo assalto al tanto agognato anello. Si arrenderanno sorprendentemente in finale ad uno Chauncey Billups ultraterreno e ai Pistons annata 2003-2004,quelli dei due Wallace. Indimenticabili.

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“L’unico modo che ho di difendere sul pick and roll di Stockton e Malone è portare una mazza ed uccidere uno dei due ” sentenziò una volta Nick “The Quick” Van Exel,trovatosi più di una volta tra l’incudine e il martello,tra l’armadio a sei ante in scarpe da tennis col 32 e un play con una tecnica da antologia della pallacanestro, e costretto a fare una scelta,intrappolato in una delle più grandi insidie dei difensori NBA degli anni Novanta,il Pick & Roll,ricetta della casa del Delta Center,ottima anche da asporto. E’ grazie a questa tecnica e ad una longevità cestistica con pochi eguali (nelle loro carriere hanno saltato in tutto 30 partite in due) che Karl può riposare all’ombra di Jabbar nella classifica dei migliori marcatori all-time e John è primo,secondo e terzo (dati i 4000 di distanza dal secondo) in quella degli assist,oltre ad essere la coppia che ha totalizzato il maggior numero di presenze insieme (ma dai?) nella storia della Lega con 1412. Un’amicizia unica,fatta di poche parole,che ancora oggi è molto forte (sono reciprocamente padrini dei loro figli),tra due personalità tanto diverse,quasi divergenti,unite per sempre nella leggenda.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                 Mattia D’orazio