PARIGI 99 COME NANTES 83: SPAGNA DI NUOVO AL TAPPETO!

Era l’estate del 1999 e l’Italia del basket,  consapevole della propria forza in ragione dell’argento del 1997, si preparava a regalare un grande sogno al pubblico del Belpaese. Il Campionato Europeo si disputava in Francia, terra di conquista per l’Italbasket, dato che l’unico successo continentale degli azzurri si era materializzato 16 anni prima in quel di Nantes.

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Ma i miracoli si sa, difficilmente si ripetono e quella nazionale, pur zeppa di grandi nomi, non partiva certo col favore del pronostico. E poi, come sostenevano i detrattori dell’epoca, dove poteva arrivare una nazionale che lasciava a casa Gianmarco Pozzecco, uno dei migliori talenti italiani in circolazione, ed autentico trascinatore della Varese neo scudettata?

Coach Tanjevic da parte sua, difendeva le proprie scelte e proseguiva per la sua strada, certo che la sua nazionale non avrebbe sfigurato di fronte all’Europa dei canestri, fuori il Pozz quindi, primo artefice del miracolo varesino, dentro gli altri Roosters, alias galletti da combattimento, Meneghin, De Pol e Galanda, con il loro spirito ed entusiasmo, da mixare in modo equilibrato con il talento smisurato di Myers e Fucka.

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De Pol

Molti allenatori nella sua posizione forse si sarebbero piegati al volere della piazza, o peggio avrebbero mollato schiacciati dalla pressione mediatica. Ma sulla panchina azzurra sedeva un uomo particolare, forse unico nel suo genere. In quella che una volta era chiamata Jugoslavia ha vissuto le atrocità della guerra che ne hanno forgiato animo e carattere.

Ogni volta che ne parla, guarda un punto lontano all’ orizzonte. Bodgan Tanjevic, per tutti Boscia, a Sarajevo ha abitato per tantissimi anni, ha allenato (il Bosna) e ha vinto (scudetto e Coppa dei campioni). Ogni volta che puo’ , Tanjevic racconta del sapore del caffe’ turco, delle strade piene di gente e di quel miracolo che teneva insieme serbi, croati, montenegrini, zingari, atei, ortodossi, cattolici, musulmani. “Un esempio di tolleranza, la citta’ piu’ bella del mondo”, dice con la sua voce arrochita dai troppi sigari e dai tanti strilli in panchina. Boscia e’ partito anche da questo per costruire la “sua” nazionale vincente. Una squadra multietnica, come la Francia campione del mondo di calcio l’ estate precedente, simbolo di una societa’ che stava cambiando: italiani, “italianizzati” come lo sloveno Fucka (che proprio Tanjevic ando’ a scoprire a Kranj e rubo’ alla Jugoslavia) e il brasiliano

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Jack Galanda e Mian

Damiao, cittadini del mondo come Carlton Myers che e’ nato a Londra da padre giamaicano e madre italiana. Come ho già detto, per costruire un gruppo forte e unito, Tanjevic ha pure corso un grande rischio: ha lasciato fuori quel Pozzecco che quasi tutti volevano in nazionale, anche per il solito malinteso sullo spazio da lasciare alla “fantasia” nello sport. Avesse perso, l’ avrebbero lapidato di critiche. L’ uomo di Sarajevo, invece, ha pensato alla difficolta’ di gestire in un lungo ritiro il “personaggio” Pozzecco e a quello che la sua amicizia con Andrea Meneghin avrebbe potuto portare: il gruppo dei varesini da una parte e i compagni dall’ altra. E sacrificando Pozzecco ha iniziato a costruire un legame strettissimo tra Andrea Meneghin e Carlton Myers, le due stelle. L’ esperimento e’ riuscito. L’ Italia ha vinto un Europeo ancora piu’ difficile di quelli del passato per la frammentazione dell’ Est europeo: una volta bisognava battere Urss e Jugoslavia, ora anche Lituania, Russia,  Croazia, Serbia, Slovenia…

La squadra del 1997 era già una buona base di partenza, purtroppo Pittis aveva salutato con l’argento al collo, e la sua assenza si faceva sentire eccome, fuori anche Dan Gay, italianizzato a 36 anni, capace di aiutare la nazionale del 1997 a raggiungere la finale, anche se a fine carriera, fuori anche Moretti, Coldebella, Carera e Frosini, in squadra restano Myers, Fucka, Abbio, Galanda, Marconato e Bonora.

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Bonora e, dietro, Myers e Fucka.

A questi sei si aggiungono Meneghin, De Pol, Basile,  Chiacig e, con ruoli minori, Mian e Damiao.

Lo starting five è fortissimo, sia fisicamente che tecnicamente. La squadra è in mano ad Andrea Meneghin, playmaker di due metri, atleta pauroso, difensore implacabile, visione di gioco, tiro da tre, da due, penetrazione, un all around, uno che, oggi, sarebbe in Nba a 18 anni e che, purtroppo, ha chiuso la carriera troppo presto per problemi fisici.

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Myers
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Abbio e Damiao

In guardia Carlton Myers, realizzatore tra i migliori in Europa, tiratore eccellente, meno atletico rispetto ad inizio anni novanta, ma ancora ottimo saltatore e atleta, gran palleggio arresto e tiro, difensore da uno contro uno incredibile, se ne aveva voglia poteva essere il numero 1 anche in difesa, celebre il suo duello contro Sasha Danilovic in semifinale.

Ala piccola in quintetto Sandro De Pol, lottatore, combattente, tiratore piazzato, discreto rimbalzista, uomo di sistema e di fiducia del c.t., nei momenti decisivi però sostituito da Picchio Abbio, con due guardie, quindi, accanto a Meneghin, che in difesa, con il suo fisico poderoso, poteva tranquillamente tenere i “3” avversari, consentendo a Myers e Abbio di dedicarsi alle guardie.

Ala forte Gregor Fucka,un talento incredibile, 2,16 m, immarcabile per i “4” avversari, forte in post basso, eccellente anche fronte a canestro, buon tiro piazzato, rimbalzista, mentalmente un fenomeno, stakanovista del parquet, seconda punta dell’attacco dietro a Myers.

I centri erano Ghiaccione Chiacig e Denis Marconato, il primo meno tecnico e più un lottatore da post basso, ottimo semigancio destro, celebre per il suo movimento con finta, passo d’incrocio e tiro in lay-up, un guerriero insomma, il secondo più tecnico, migliore al tiro piazzato dalla media e dagli angoli, tatticamente esperto già nel 1999, a soli 24 anni, grazie alle lezioni di Zele Rebraca, in maglia Benetton.

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Chiacig

Spesso però l’Italia giocava con due “4”, con Galanda accanto a Fucka; i due, entrambi oltre i 2.10, Galanda anche dotato di imponente struttura fisica, erano perfetti per giocare assieme, complementari, Jack opposto a Gregor, più tiratore dalla lunga, carattere esuberante, rimbalzista grintoso.

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Marconato

Come detto, Picchio Abbio finiva le partite, portava classe, punti e, soprattutto, una difesa incredibile, in campionato antagonista di Myers, sulle due sponde bolognesi, in nazionale nemico giurato di Danilovic e Djordjevic, quest’ultimo già nel 1997 colpito duramente durante la finale con un colpo al volto, nel 1999 invece assente.

Poi Basile, giovane promessa, ancora non il Gianluca Basile che tutti conosciamo ma già pronto a dare il proprio contributo in campo. A quei tempi erano ancora un play-guardia, capace di dividersi tra i due ruoli, già tiratore dalla lunga ma non un fenomeno nell’uscire dai blocchi e sparare triple pazzesche, quei tiri ignoranti che tanto ci entusiasmeranno nel 2004, ad Atene.

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Basile

Gli altri erano Bonora, titolare nel 1997, adesso play di riserva ed uomo d’ordine, un computer in campo, difesa e applicazione, mai una persa, infine Mian, soldatino del c.t., uomo spogliatoio, gran tiratore dalla lunga e Damiao, centro di riserva, fisicamente un colosso, questi ultimi con pochi minuti a disposizione.

Dopo una prima fase non proprio esaltante, l’Italia trovava la Germania ed offriva finalmente una prova convincente, lasciando ben sperare per il proseguo del torneo. Cinque gli azzurri in doppia cifra (Myers, Chiacig, Mian, Fucka e Meneghin) nel 74-53 finale, che faceva ricredere più di un detrattore. Il giorno successivo toccava alla Repubblica Ceca il compito di sparring partner della nazionale azzurra, sempre più convinta dei propri mezzi e decisa a giocare un ruolo determinante nell’Europeo di fine millennio. Alla fine i punti di scarto saranno 27 (95-68) con Carlton Myers ancora nel ruolo di marcatore principe (22 punti) ed i vari Fucka, Marconato, Meneghin e De Pol a completare la lista dei giocatori in doppia cifra.

Con questa vittoria l’Italia conquistò il biglietto per i quarti di finale con una gara di anticipo e fu un gran sollievo per il tifo azzurro costretto ad assistere alla prima sconfitta degli azzurri nel torneo per mano della Lituania (74-62). Ma si trattava solo di un calo di tensione nell’economia di un torneo lungo e faticoso, tanto che nei quarti di finale l’Italia di Tanjevic strapazzò la Russia, imponendosi per 102-79 (Myers 22, Fucka 19, Abbio e Galanda 11).

E venne il giorno della semifinale, il giorno in cui le certezze del tifo italiano sembravano vacillare di fronte allo spauracchio della Jugoslavia campione d’Europa e del Mondo. Gli azzuri partivano alla grande, chiudendo il primo tempo con un vantaggio di 14 punti (37-23).

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Andrea Meneghin

Sembrava fatta, un primo tempo incredibile, i serbi, imbattibili, ci avevano asfaltato 61 – 49 in finale nel 1997, senza lasciarci respirare in campo, senza lasciarci giocare, distruggendoci prima mentalmente e poi tecnicamente.

E, infatti, gente come Bodiroga, Danilovic, Divac non ci stava a perdere e il sorpasso si materializzò a pochi minuti dalla fine. Momenti drammatici, in vista c’era l’ennesima sconfitta contro il talento degli slavi, ma, in seguito, una grande Italia, formata da campioni finalmente pronti ad abbattere il dominio dei serbi, riusciva a chiudersi in difesa ed a ripartire, fino al 71-62 finale, che ci regalava l’accesso all’atto conclusivo del torneo.

Superato l’ostacolo Jugoslavia, l’Italia trovava la Spagna nella finale di Parigi. Adesso sembra quasi brutto dirlo, ma dopo la vittoria sulla Jugoslavia, l’oro europeo era praticamente già al collo, avevamo battuto meritamente i più forti, gente da Nba, e la Spagna, al cospetto, sembrava ben poca cosa.

Partita comunque memorabile per gli appassionati di basket, ma anche per coloro che non avevano mai visto rimbalzare una palla a spicchi sul parquet. Gli azzurri giocarono la gara perfetta, soprattutto in difesa, dove gli spagnoli venivano costantemente chiusi e stoppati. Alla fine sarà 64-56 per l’Italia, partita dominata interamente, Myers miglior realizzatore dei nostri, scappa con il pallone della finale sotto la maglia,  Fucka miglior giocatore dei campionati europei.

GREGOR FUCKA

A distanza di 16 anni tornavamo finalmente sul tetto d’Europa.

Ed oggi che di anni ne sono passati 14, forti dei nostri tre Italian boys d’oltre oceano, con un Travis Diener nel motore e tante altre certezze oltre a giovani speranze presenti nel nostro campionato, sembra davvero arrivato il momento di confidare nelle capacità di Coach Pinigiani. A lui il compito di provare a riportarci sul gradino più alto del podio europeo, con vista Olimpiade.