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Nessuno potrà mai negare che, nascesse adesso un nuovo Toni Kukoc, ogni squadra Nba farebbe carte false per farne il proprio uomo-franchigia e per portarlo in Nba, magari ancora da ragazzino.

Ala piccola di 2.10 metri, classe 1968, all’occorrenza anche ala forte, per usare un termine americano, una point-forward, ovvero un’ ala capace di creare gioco, con trattamento di palla pari a quello di un playmaker.

Mancino dall’assist facile, visione di gioco senza confini, tecnica sopraffina, tiro da tre con alte percentuali, penetrazione, palleggio, un giocatore totale, un all – around, un campione vero.

A quei tempi, quando gli europei erano mal visti dalle star americane, Jordan e Pippen cercarono di ostacolarlo in ogni modo alle Olimpiadi di Barcelona, 1992, perché Jerry Krause, general managar dei Chicago Bulls, a quei tempi già due volte campioni Nba, per averlo era disposto a pagarlo più di Scottie Pippen.

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Jugoslavia 1990. Con Kukoc, si intravedono Petrovic, Divac, Danilovic e Radja.

Riuscirono nel loro intento solo nel girone eliminatorio, poichè Kukoc in finale dimostrò tutto il proprio talento, affiancando Drazen Petrovic nella resistenza della Croazia, appena resasi indipendente, che diede filo da torcere, per un tempo intero, al Dream Team americano, la squadra più forte di tutti i tempi.

Un momento su tutti, contropiede, Kukoc in vantaggio, invece di concludere, passaggio all’indietro dietroschiena per Arapovic, un passaggio che nessuno si sarebbe potuto aspettare, David Robinson spiazzato, canestro e fallo per il big man croato.

Questo era l’airone di Spalato, la pantera rosa, un vero fenomeno, un giocatore inimmaginabile, faceva tutto quello che dovrebbe fare una guardia, con il fisico di un lungo.

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Tre coppe dei campioni consecutive, dal 1989 al 1991, con la fortissima ed imbattibile Jugoplastika Spalato, in coppia con Dino Radja, mostrando un gioco a quei tempi inconcepibile per uno con il suo fisico.

Nel 1991 si trasferì alla Benetton Treviso, dove in due anni conquistò uno scudetto, in coppia con Vinnie Del Negro, coadiuvato da Rusconi e Iacopini, e una coppa Italia, perdendo però la finale di Coppa dei Campioni e la finale scudetto, contro la Virtus Bologna di Sasha Danilovic, nel 1993

Ancora oggi detiene il record di 16 assist in una partita, ai tempi in cui l’assist era concepito in una visione ristretta del termine, mentre ora le statistiche sono più americanizzate.

Le sue medie, in quegli anni dicono 21 punti, 5 rimbalzi e 6 assist il primo anno, e 19 punti, 7 rimbalzi e 5 assist il secondo, un giocatore totale, un fenomeno assoluto. (qui sotto in un poster degli anni novanta, si intravede anche Del Negro)

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Nel 1993 ha già vinto tutto con i club, e in nazionale ha già collezionato, con la Jugoslavia, due ori e un bronzo agli Europei, un oro mondiale e un argento olimpico, e con la Croazia, appena resasi indipendente, l’argento olimpico del 1992, cui si aggiungeranno i bronzi, al mondiale del 1994 e all’europeo del 1995.

Si ritiene quindi pronto al grande salto, dopo aver rifiutato per un paio di anni le lusinghe della Nba e dei Bulls, in particolare.

Kukoc-BullsVGiunge così in Illinois nel 1993, nella squadra reduce dal primo three-peat jordaniano, ma proprio Michael Jordan si ritira prima dell’inizio della stagione.

I Bulls, con Pippen e Kukoc restano una grande squadra, arrivano ai playoff ma senza Jordan la concorrenza ad Est è troppo agguerrita e alle Finals andranno i New York Knicks.

Nella memoria di tutti un episodio durante il periodo natalizio del 1993, Bulls sotto, timeout, Phil Jackson decide di far tirare il croato, Pippen non la prende bene e si rifiuta di entrare in campo, palla a Kukoc, tripla, i Bulls vincono.

Da ricordare a tutti che siamo sempre in un periodo in cui in Nba, dopo la tragica morte di Drazen Petrovic, ci sono solamente Divac, Marciulionis, Schrempf  e gli appena arrivati Kukoc e Radja, ci vuole davvero un talento sconfinato per ottenere riconoscimenti e responsabilità; per esser chiari, nel 1996 andrà Djordjiovic e non verrà neanche considerato dagli addetti ai lavori.

Il croato, come tutti gli europei che sbarcano in Nba, si ricostruisce il fisico, da longilineo diventa duro e compatto, pronto alle battaglie anche sotto canestro, dove la sua altezza inevitabilmente lo porterà ad agire, in certi momenti delle partite.

imagesNel marzo del 1995 torna Jordan, e i Bulls, nel 1995/96 stabiliscono il record all time Nba con 72 vittorie, < 72 – 10 >, Jordan mvp, Kukoc miglior sesto uomo della Lega, con un impatto clamoroso partendo dalla panchina, ruolo simile a quello di Ginobili, seppur con meno responsabilità vista la presenza di Jordan.

Viene  a far parte dello strepitoso  supporting cast di Michael Jordan, creando un gruppo che probabilmente verrà ricordato come la squadra più forte di tutti i tempi, con Harper e Jordan guardie, Pippen ala piccola e Kukoc point – forward, Rodman da lungo per difesa e rimbalzi. Questo infatti era il quintetto che concludeva le partite di quei Bulls, sebbene Longley fosse spesso inserito nello starting five e Steve Kerr risultasse fondamentale per i tiri decisivi.

Altro three-peat per i Bulls, Kukoc cambia il suo gioco e spesso gioca da ala forte tattica, con tiro da tre punti e grande visione di gioco per mettere in ritmo i compagni.

Le sue statistiche in quegli anni dicono quasi 14 punti con 5 rimbalzi e 5 assist di media, cifre contenute dal fatto che, come detto, quei Bulls erano fortissimi, praticamente invincibili.

Nel 1998 si ritira Jordan, i Bulls smobilitano e resta solo lui, mette a referto quasi 20 punti a sera, con 7 rimbalzi e 5 assist, sue migliori statistiche nella Lega, limitate negli anni precedenti dalla presenza di MJ e Pippen, ma adesso è rimasto da solo ad illuminare lo United Center.

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Gli invincibili Bulls 1996 – 1998: [Rodman, Pippen, Jordan, Harper, Kukoc]
La dinastia dei Bulls si è infatti conclusa. Rimarrà altri due anni, prima di trasferirsi altrove in cerca di nuova fortuna.

Da lì in poi passerà dai Philadelphia 76ers, Atlanta Hawks e Milwakee Bucks, senza grandi risultati, fino al termine della propria carriera, nel 2006.

Questo, in breve sintesi, era l’airone di Spalato, un mancino che stupì il mondo perché quello che faceva lui, con il suo fisico, umanamente non era spiegabile, che ogni volta che scendeva in campo, faceva risplendere il gioco della pallacanestro.

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Kukoc nel 1992
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Kukoc a fine carriera

Nascesse oggi, come detto, non avrebbe neanche il tempo di vincere scudetti ed Euroleghe, alle sue partite, da ragazzino, ci sarebbero già un centinaio di scout Nba, ce lo porterebbero via subito.

E allora siamo felici di averlo potuto ammirare qui da noi, prima in giallo, poi con le scarpette verdi, purtroppo ormai sparite, sempre e comunque con il magico numero 7 sulle spalle. Grazie Toni.