Un estratto di un’intervista da La Stampa.it.
Autore: Stefano Semeraro.
Belinelli miglior realizzatore da tre punti della Nba: che effetto le fa?
«Non è da tutti, ma non ci penso troppo. Il mio obiettivo è vincere questo benedetto titolo Nba, lo voglio con tutto me stesso. Il resto è bello, anche per il basket italiano, ma non ci do peso».
Compagni e avversari la guardano in modo diverso?
«Sì, ma non mi fossilizzo sul tiro da tre. Voglio essere un giocatore completo».
Come hanno inciso le squadre e le città che ha girato?
«Molto importanti le stagioni a New Orleans: i miei primi playoff, un minutaggio importante, compagni come Chris Paul. Molti hanno iniziato a vedermi non solo come un tiratore. Coach Thibodeau a Chicago mi ha fatto crescere come difensore e dato fiducia nei miei mezzi: fondamentale per arrivare in una squadra che punta all’anello come San Antonio».
Da Chicago a San Antonio che cosa è cambiato?
«A Chicago il palasport era sempre pieno, ma la città offre molto anche nel baseball e nel football. A San Antonio gli Spurs sono l’unica attrazione. È una città carina: fa caldo dopo il gelo di Chicago e il tifo è molto presente».
In che cosa l’ha cambiata l’America?
«Sono arrivato qui a 19 anni, i primi due mesi a San Francisco sono stati durissimi. Poi l’America mi ha maturato, mi ha insegnato a fare tutto da solo, da scegliere casa a lavarmi una maglietta. A scuola andavo bene in inglese e questo mi ha aiutato. Anche se l’accento bolognese non andrà mai via…».
Agli Spurs ha ritrovato Ginobili.
«Io e Manu ci siamo capiti subito, e mi sta aiutando molto. Parliamo in italiano di Bologna, dei ristoranti come Oscar, perché la cucina italiana e quella di mamma mancano sempre».
All Star Game Nba: ci pensa?
«Mi arrivano tanti messaggi: ci vediamo all’All Star Game. Ne parliamo più avanti?».
San Antonio è una squadra multietnica: gli europei cambieranno la Nba?
«Sulla lunga distanza possono avere un influsso, ma nella Nba c’è una velocità e un modo di pensare molto diverso: sei tu che ti devi adeguare».
Sente gli altri italiani nella Nba?
«Bargnani l’ho incontrato a New York: sta bene, è contento di esser lì. Il Gallo lo sento meno perché sta recuperando dall’infortunio. A Datome dico di non mollare, all’inizio è dura, si mangia molta… schifezza. È in una squadra difficile e al primo anno, lo capisco benissimo perché quella schifezza l’ho mangiata anch’io. Tanta. Però mi ha fatto diventare un giocatore più concreto».
Questo record e questi successi sono una rivincita?
«Sì, e me li porto dentro tutti i giorni. Molti dicevano che non ero adatto per giocare nella Nba: ho cercato di smentirli in campo, oggi mi serve da motivazione».
Il resto dell’intervista, in cui si parla anche di Italia, Serie A, Bologna e altri sport, potrete trovarlo su: http://www.lastampa.it/2013/12/08/sport/basket/nba/belinelli-strega-san-antonio-e-lnba-e-dicevano-che-non-avrei-mai-giocato-hHK8diioeefgGE3kdzkRCI/pagina.html