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Un predestinato, Danilo Gallinari.

Il Gallo nasce a Sant’Angelo Lodigiani il giorno 8 agosto 1988 ovvero <8/8/88>, numero 8 sulla maglia, draft 2008, numero 8 nel destino. Un giocatore capace di far tutto in campo, fisico da lungo, atletismo da esterno, tiro da shooting – guard, competenza tattica e visione di gioco da playmaker, grinta e carisma del leader, rimbalzista  e difensore eccellente.  Ma andiamo con ordine, ricostruendone la carriera per poi vedere cosa potrebbe riservargli il futuro prossimo.

Nelle giovanili a Casalpusterlengo lo facevano giocare anche da playmaker, per incrementare il suo livello tecnico e il suo atletismo, già notevoli. Già si intravedeva dove poteva arrivare. Nel  2004, a 16 anni, è già in serie B1, nel 2005 viene prelevato dall’Olimpia Milano, poi un anno di prestito in Lega2 a Pavia, 14 punti ad allacciata di scarpe, miglior giocatore italiano di categoria.

A quel punto, il passo era breve, nel 2006 l’esordio in serie A, in maglia Armani. Il “principe dei canestri”, Sasha Djordjevic, suo allenatore a quel tempo, rimase stupito, oltre che dalle sue qualità tecniche stupefacenti se commisurate alla sua età, anche dalla sua maturità ed equilibrio personale, tanto che, racconta il serbo, quando chiese a tutti i giocatori di esprimere i propri obiettivi per la stagione, il Gallo disse di avere l’intenzione di migliorare e di diventare un esempio in campo e fuori dal campo, nonchè di divenire motivo di orgoglio per la propria famiglia. Non proprio quello che pensa il tipico adolescente italiano, al giorno d’oggi.

La prima stagione a Milano mise subito in mostra qualità impressionanti e per questo venne subito lanciato in quintetto base, come ala piccola, denotando una tecnica ed un atletismo incredibili per un ragazzo così alto, specialmente una capacità di stare in campo fuori dal comune, caparbietà e consapevolezza tattica Con l’Olimpia Milano arrivò ai playoff e poi in semifinale, mettendo a referto quasi 11 punti e 5 rimbalzi di media. Miglior under 22 del campionato, a soli 18 anni.

La stagione 2007/08 partì quindi con aspettative diverse, l’odore di Nba era già nell’aria, Gallinari non era più una novità ad alto livello e le squadre avversarie cominciarono a costruire le difese per limitarlo ma, nonostante ciò, riuscì a laurearsi come il miglior realizzatore italiano del campionato, con statistiche davvero notevoli: 17,6 punti con quasi 6 rimbalzi, 2 recuperi e 1,5 assist di media.

L’Olimpia, però, si fermò ancora in semifinale, contro la Montepaschi Siena, agli albori della sua dinastia quinquennale.

Così, ormai divenuto noto per tutti gli scout Nba, il 23 aprile 2008 si dichiara eleggibile per il draft NBA. Il giorno successivo vinse il Rising Star Trophy, premio destinato al miglior giocatore under-22 dell’Eurolega, selezionato dai 24 allenatori delle formazioni che presero parte all’edizione 2007/08 della massima competizione europea per club. Gallinari chiuse la stagione europea con 14,9 punti di media a partita, divenendo il miglior realizzatore dell’Olimpia Milano e tra i primi tre nelle classifiche di rimbalzi, palle recuperate e stoppate della formazione biancorossa.

Il 30 aprile 2008 vinse anche il premio di miglior giocatore della stagione regolare del campionato italiano, precedendo Gianmarco Pozzecco, al canto del cigno in Sicilia, a Capo d’Orlando. Aspettare, a quel punto, non aveva davvero più senso, a 19 anni in Italia era già il migliore, le sue doti naturali lo spingevano in Nba. Il 27 giugno 2008 venne così selezionato al primo giro dai New York Knicks di coach Mike D’Antoni, numero 8 della grande Olimpia Milano degli anni ’80 e compagno di squadra di papà Vittorio, come sesta scelta assoluta del draft Nba.

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Fischiato dal pubblico di casa presente al Madison Square Garden, nella sua prima conferenza stampa da giocatore dei Knicks ebbe modo di dichiarare, con rinnovata maturità: «Toccherà a me guadagnarmi gli applausi. Sono contentissimo. New York mi ricorda Milano, questa per me è la soluzione migliore». La prima stagione però fu difficilissima, con un infortunio alla schiena che gli fece saltare più della metà della stagione. Il Gallo non passò dei bei momenti, non riuscendo a mettere in mostra il suo potenziale.

gallo2Nella sua seconda stagione ai Knicks, però, il fisico integro gli consentì di disputare complessivamente 81 incontri, di cui 74 da titolare. Quella versione dei Knicks correva, in perfetto stile D’Antoni, preferendo contropiede e transizione. Non erano una squadra di alto livello, ma con David Lee in doppia doppia sotto canestro, il Gallo mise a referto buone cifre, anche se il suo gioco risultò molto limitato poichè veniva utilizzato prettamente sugli scarichi, per sfruttare il suo grande tiro dalla lunga distanza, cosa che gli impedì di mostrare tutte le sue doti e, specialemente, il suo gioco da all-around, contraddistinto dalla capacità di rendersi utile in tutti gli aspetti del sistema offensivo.

Il 27 gennaio 2010 venne selezionato anche per il Rookie Challenge Nba, primo evento dell’ All Star Game Weekend, durante il quale prese parte anche al “Three point Shootout”, selezionato in quanto al primo posto nella classifica NBA dei tiratori da tre punti, realizzati e tentati.

L’anno seguente, ai Knicks, per la stagione 2010/11, fanno il loro arrivo Amare Stoudamire e Raymond Felton, la squadra divenne molto più competitiva, il Gallo, in preseason, nella sua Milano, disputò una partita da stella Nba, davanti a 13.000 spettatori al Forum di Assago. Sembrava il preludio della sua consacrazione ad alto livello nella lega statunitense. Invece, nonostante le buone premesse, il salto di qualità definitivo non arrivò.

Ciò nonostante, il Gallo un piccolo salto di qualità l’aveva già fatto poichè le sue cifre, 16 punti e 5 rimbalzi di media, erano sì analoghe a quelle della stagione precedente, ma furono prodotte giocando ad un livello più elevato ed in una squadra decisamente più competitiva, con maggiori ambizioni. Ma ai Knicks avevano un’idea diversa, non tanto per sfiducia in Gallinari, bensì per la volontà di far arrivare nella Big Apple una superstar assoluta. Così, benché in quel momento Danilo era assolutamente una degli idoli del Madison Square Garden (il quale gli ha anche riservato una standing ovation al suo primo ritorno in maglia Nuggets, cerimonia riservata a ben pochi eletti), il 22 febbraio 2011 venne ceduto dai Knicks proprio ai Denver Nuggets, in uno scambio che portò Carmelo Anthony a New York mentre Gallinari, Felton e Chandler presero la direzione del Colorado.

Da lì, sempre ai Nuggets, con un breve passaggio all’EA7 Milano durante il lockout Nba l’inizio della stagione 2011/12. In Colorado ha acquisito una reputazione da potenziale star pronta ad esplodere, purtroppo ad oggi gli è mancato l’ultimo passo verso il gradino più alto, quello che, per esser chiari, Paul George ha compiuto lo scorso anno.

Ad oggi, Danilo è un top player Nba, ancora giovane ma ormai maturo, ha già due partecipazioni ai playoff con eliminazione al primo turno (lo scorso anno non ha partecipato a causa dell’infortunio al ginocchio e la sua assenza è pesata tantissimo), sempre oscillando intorno ai 15/16 punti di media, con qualche acuto di tanto in tanto, come i 37 punti con 8/16 da 2, 1/3 da 3, 18/20 nei liberi in 51:42 minuti, proprio contro i suoi New York Knicks, il 21 gennaio 2012.

Lo scorso anno, dopo aver firmato anche l’estensione contrattuale con i Nuggets, che ne ha sancito anche economicamente la qualifica di star, Danilo stava viaggiando a 17 punti con 5,5 rimbalzi e 2,5 assist di media, il tutto in quasi 33 minuti di gioco. Condivideva il leader realizzativo dei Nuggets, in compartecipazione con Ty Lawson, ed  era quello che spesso risultava decisivo nei momenti finali di gara.

Il 28 dicembre 2012 aveva siglato anche il proprio record personale di punti in Nba, mettendone a  referto 39, con 14/23 dal campo, 7/11 da 3, 4/4 nei liberi in 34 minuti, contro i Dallas Mavericks. Al momento dell’infortunio, i suoi Nuggets, con Lawson, Iguodala e Faried stavano viaggiando a mille all’ora, puntando dritti alla terza posizione del ranking nella western conference, non da poco. Poi l’infortunio, la fine del sogno, i Nuggets che crollano ai playoff, decretando indirettamente la sua importanza per il gruppo, a prescindere dalle statistiche.

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Ma chi è realmente Danilo Gallinari, e cosa può dire a livello Nba?

Parliamo di un giocatore assolutamente unico, nella Nba un altro come lui non esiste, 2.08 m per 102 kg, fisico e potenza da ala forte, tiro e rapidità da ala piccola, lo abbiamo visto spesso in marcatura su avversari più piccoli e rapidi, anche su Kobe Bryant, perché ha le gambe per provare a tenerli, se è umanamente possibile tenere Kobe, ed anche altezza e braccia lunghe per oscurare la visuale dell’avversario al tiro, cosa che una guardia non potrebbe fare. Ha l’altezza di Durant ma è più potente, ha la giusta visione di gioco e una consapevolezza tattica rara per la Nba, che però a volte sfocia in un eccesso di altruismo che paga personalmente, quanto al riconoscimento definitivo di uno status superiore.

gallo5Come detto, in Nba, uno col suo fisico è un’ ala forte, posizione in cui a Denver veniva impiegato in certi momenti della partita, per sfruttare il doppio playmaker, Lawson e Miller, e perchè in quella posizione è immarcabile per i lunghi avversari, dato che in penetrazione nessun lungo può tenerlo, così spesso realizza o guadagna tiri liberi, che converte con l’85%.

Al tiro da tre punti è ancora quello di New York, con buone percentuali e canestri, spesso decisivi, anche da distanze siderali, ma da allora il suo gioco si è ampliato e perfezionato. Probabilmente anche ai tempi dei Knicks era in grado di fare altre cose, ma veniva limitato dalle esigenze della squadra e dal sistema di gioco, fatto di transizione, pick’n roll e tutti sul perimetro per gli scarichi, e lui era uno di quelli sul perimetro.

Adesso invece è un giocatore completo, rimbalzi, difesa, assist sia dal post che dal palleggio, recuperi, anticipi, in attacco nei giochi a due può essere sia palleggiatore che bloccante, un punto interrogativo per tutti gli avversari, segna sugli scarichi, da tre, in penetrazione, dal palleggio, schiaccia di potenza, porta in post basso i “3” più piccoli, sul perimetro i “4” più lenti, è in grado di decidere le partite, ha voce in spogliatoio.

Un fenomeno, a parere di chi scrive. La scorsa stagione, il gioco dei Nuggets di coach Karl, fatto di rotazione e spazi per tutti, e la mentalità di Gallinari, bravo ragazzo e giocatore intelligente, di matrice ovviamente europea, non lo rendevano una macchina da statistiche, come sarebbe un americano, perché da noi si è abituati a giocare per vincere più che per le cifre.

Prima dell’infortunio al ginocchio, anche per gli addetti ai lavori Nba, Gallinari era sicuramente tra i primi 30-40 giocatori Nba, anche se non è stato ancora convocato per l’All Star Game è proprio lì, ad un passo dal paradiso, gli manca soltanto l’ultimo step.

Nel suo ruolo, in Nba, davanti a lui ci sono soltanto James, Anthony e Durant e, da poco, anche George. Si può considerare alla pari con Deng, Gay, e Batum, con quest’ ultimo poi è sicuramente il più futuribile, con maggiori possibilità di progredire.

L’infortunio è stato davvero una brutta “mazzata”, perchè quest’anno i Nuggets sono più deboli magari, ma più profondi nel settore lunghi e con meno punti nelle mani, cosa che sicuramente avrebbe potuto innalzarne le statistiche, perchè, diciamo la verità, ciò che distingue il Gallo da un All Star, in concreto, sono soltanto un paio di punti in più. Ne segnasse 20, con i soliti 6 rimbalzi e 3 assist, sarebbe già un All Star.

Come detto, lo scorso anno, il sistema Nuggets ne limitava un pò la produzione individuale, quest’anno, se rientrasse in gran forma, avrebbe notevoli possibilità individuali per emergere prepotentemente anche nella sua individualità cestistica. Il ginocchio è un brutto cliente, non è facile recuperare fisicamente ed è ancora più difficile sotto il profilo mentale. Ma siamo fiduciosi, lui è fiducioso, il nuovo coach, Brian Shaw lo aspetta, sa bene che per questa versione dei Nuggets il Gallo è assolutamente imprescindibile, ancor di più di quanto non lo fosse la scorsa stagione, ed abbiamo visto tutti come è andata a finire nei playoff.

Certo, all’inizio sarà difficile, è un peccato che la stagione della possibile consacrazione parta ad handicap, ma il rientro è vicino, a quanto pare entro un mese potrebbe farcela, il tempo ci sarebbe, anche per una possibile convocazione all’All Star Game. Restiamo tutti in attesa, l’Italia lo attende, i Nuggets lo aspettano con ansia e trepidazione per poter ambire a raggiungere i playoff, le aspettative sono tante e non è un peso facile da sopportare, ma le spalle di Danilo sono larghe, eccome. Let’s go Gallo!

 

Andrea Di Vita