Estate 1968,  un anno prima di Woodstock, per gli amanti del basket l’estate in cui Wilt Chambarlain, per molti il più grande centro di ogni epoca, lasciava i Sixers di Philadelphia, dove nel 1967 aveva vinto il suo primo titolo in carriera, per approdare ai Los Angeles Lakers, in una squadra dal talento spaventoso e dalle infinite possibilità, con come compagni del calibro di Jerry West ed Elgin Baylor.

I Lakers venivano da sei sconfitte consecutive alle Finals Nba e quattro nelle Western Conference Finals, negli ultimi dieci anni. Lo scoglio insuperabile era sempre stato rappresentato dai Celtics del mitico Bill Russell.  L’arrivo di Chamberlain sembrava essere il tassello che era sempre mancato ad una squadra già forte di per sé per diventare un’autentica corazzata difficilmente contenibile. Sarebbe stata la prima volta, nella storia delle magiche sfide tra Lakers e Celtics, in cui i gialloviola avrebbero potuto opporre un centro di livello assoluto al loro primo avversario, Bill Russell. Grandi prospettive, quindi, al Forum di Inglewood! I Boston Celtics, invece, iniziarono la stagione 1968-69 avvolti da un alone di  dubbi e scetticismo, troppo vecchi per ambire nuovamente al titolo Nba. Con dieci titoli Nba nei precedenti dodici anni,  il titolo del 1968, conquistato in sei gare di finale proprio contro i Lakers, era considerato come il canto del cigno di una squadra invincibile, un ciclo irripetibile. Il record in stagione regolare di 48 vittorie e 34 sconfitte ed il quarto posto nella Eastern Conference non fecero altro che confermare questa diffusissima opinione. I Celtics erano logori, i Lakers erano la squadra del momento.

A Boston, in cabina di regia, già da anni non dirigeva più le operazioni il mitico Bob Cousy, ritiratosi alla fine del ‘63 e sostituito degnamente da K. C. Jones.

In più dopo il titolo del ‘66 il coach Red Auerbach, passato assieme al suo sigaro alla dirigenza della franchigia, aveva privato la squadra del suo straordinario apporto dalla panchina. Il faro della squadra continuava ad essere l’anziano Russell, ora anche nelle vesti di coach (primo allenatore di colore nella storia della NBA), alla sua ultima stagione da professionista. Bill aveva ormai visto volar via gli anni migliori della sua carriera. Aveva 35 anni ed aveva chiuso la regular con soli 9.9 punti per partita, anche se con 19.3 rimbalzi. La migliore arma offensiva dei Celtics era John Havlicek (21.6 punti, 7 rimbalzi, 5.4 assist), guardia-ala bianca, il miglior sesto uomo di sempre. I Celtics in post-season riuscirono a far la voce grossa contro una spaesata Philadelphia, priva di Chamberlain, e contro la franchigia nascente della lega, i New York Knicks, futuri campioni nel 1970 e 1973.

Russell era di gran lunga il miglior centro difensivo della Lega, un leader come pochi, forse il leader in assoluto, capace di dare la carica ai propri compagni sul campo, un agonista, un campione, grande rimbalzista e stoppatore, realizzatore nella media, sempre intorno ai 15 – 17 punti a partita nella sua carriera. Wilt Chamberlain, invece, era un realizzatore incredibile, 100 punti in una partita, una stagione, 1961/62, da 50 punti e 25 rimbalzi a partita, in un’altra epoca, certo, comunque un assoluto dominatore della Nba. La loro era sfida nella sfida, Boston vs LA Lakers, Russel vs Chamberlain, il promo della stagione 1968/69.

Ma in finale avrebbero incontrato i Lakers, ben altra squadra, e con il fattore campo favorevole. Boston era vecchia, logora ed appagata. Los Angeles era più giovane, con una voglia di vincere il titolo incredibile, dopo le delusioni passate e le innumerevoli sconfitte, aveva Wilt Chamberlain. Mr 100 punti, ai tempi 32enne pivot da 20.5 punti e 21.2 rimbalzi, Jerry West, Mr logo Nba, 29enne guardia da 25.9 punti, 6.9 assist e 4.3 rimbalzi, poi Elgin Baylor, ala 33enne, quasi 25 punti, 11 rimbalzi e 5 assist a partita. Cifre straordinarie, epoca diversa, comunque tre giocatori fenomenali.

Tralasciamo le prime sei gare, in questo momento non ci interessano, ciò che rileva è il 3-3 con cui le squadre arrivano a gara7, al Forum di Los Angeles.

I Lakers prepararono una festa con grandissime celebrazioni. Il titolo mancava dai tempi dei Minneapolis Lakers di George Mikan, quindi a LA non era mai arrivato, i vertici della franchigia avevano solo progetti per la festa, si occupavano solo dei festeggiamenti. Il proprietario della franchigia, Jack Kent Cooke ordinò migliaia di palloncini colorati e li fece appendere sul soffitto del Forum. Quei palloncini avrebbero dovuto invadere il terreno di gioco non appena la partita sarebbe finita per dare il via alle celebrazioni. Nessuno, a LA, aveva considerato il cuore dei campioni, l’orgoglio dei Boston Celtics.

Quando i giocatori fecero ingresso sul terreno di gioco, si narra che le reazioni dei due uomini simbolo delle squadre alla vista di quei palloncini colorati, furono contrastanti. Bill Russell sorrise. E con la sua solita flemma, bisbigliò ad un compagno vicino: “Glieli ricacceremo ad uno ad uno nel …!”.

Jerry West invece andò su tutte le furie. Conosceva bene i Celtics verso cui nutriva un profondo rispetto e quasi timore per il loro smisurato orgoglio. Pensava che quei palloncini potessero rappresentare la motivazione estrema che i Celtics cercavano e che, dopo anni e anni di incontrastate vittorie, sembravano aver smarrito.

Almeno all’inizio parve andare proprio così. I primi 8 tiri su 10 dei Celtics si tramutarono in altrettanti canestri per un parziale iniziale di 24-12 per Boston. Jerry West, che prima della gara faceva persino fatica a camminare ma imbottito di antidolorifici scese ugualmente in campo, prese letteralmente per mano la sua squadra e la portò alla fine del primo periodo ad essere sotto solo di tre punti: 28-25, Celtics. Un secondo quarto equilibratissimo portò il risultato all’intervallo sul 59-56. Ancora più tre, Boston. I Celtics sembrarono riuscire ad andarsene durante il terzo periodo quando si itrovarono anche sul più 9 e solo uno stratosferico West riuscì a mantenere i Lakers in partita. A 3 minuti e 39 secondi dalla fine del terzo quarto, Russell andò a canestro. Chamberlain tentò inutilmente di contrastarlo ma tutto ciò che ottenne alla fine fu di commettere anche fallo per un gioco da tre punti. Bill trasformò il gioco e portò i Celtics sul 79 a 66, mentre il suo avversario, si ritrovava già 5 falli sul groppone. Chamberlain andava estremamente fiero del fatto che durante tutta la sua mirabolante carriera non era mai uscito per falli. Giocò contratto tutto il quarto periodo, impostando una difesa piuttosto soft nei confronti di Russell e i Celtics ne apporfittarono per volare sul 91-76. Il vantaggio salì fino a 17 punti, ma quando per i Lakers sembrava ormai tutto perso, Russell e K.C. Jones commisero in rapida successione il loro quinto fallo.

A quel punto salì in cattedra Jerry West. Praticamente da solo, ridusse lo svantaggio a 12 punti. A complicare la vita dei Celtics arrivarono il quinto fallo di Havlicek, seguito a ruota dal sesto di Jones che chiudeva così la sua carriera in NBA. Aveva realizzato 24 punti fino a quel momento.

Ancora West ridusse lo scarto per i gialloviola e con sei minuti da giocare, col solo Havlicek a sostenere il peso di tutto l’attacco dei Celtics, il risultato era di 103-94 per Boston. A 5 primi e 45 secondi dal termine Chamberlain (per lui fino a quel momento 4 su 13 ai liberi, 7 su 8 dal campo e 27 rimbalzi) dopo uno scontro con Russell nella sua aerea, cadde male, infortunandosi la gamba. Sebbene l’infortunio non sembrasse grave, lo stesso Wilt chiese di uscire dal campo. Tra il disappunto generale di un intero palazzetto che vedeva Jerry West trascinarsi su una gamba in campo pur di portare la propria squadra sul tetto del mondo, il coach dei Lakers Van Breda Kollf fu costretto a mandare sul terreno di gioco il centro di riserva Mel Counts.

I Celtics non avevano più gambe e fiato. Sembravano sperare solo che il cronometro viaggiasse più velocemente possibile, confidando sugli errori dei Lakers. Ma West sembrava non essere letteralmente in grado di sbagliare. Continuò la sua personale battaglia contro tutto e tutti. Con due tiri liberi portò lo svantaggio a meno sette. Successivamente con due jump dalla media in rapida successione, portò il risultato sul 103-100. A tre minuti dalla fine, proprio Counts, il sostituto di Chamberlain, ricevette un assist delizioso ancora da West e mise a segno il canestro del meno uno. Il risultato in quel momento diceva 103-102.

A quel punto Chamberlian si alzò dalla panchina e si dichiarò disposto a tornare in campo. Ma la raggelante risposta del coach lo paralizzò: “Mi spiace, ma andiamo abbastanza bene anche senza di te, andremo fino in fondo con gente che vuol stare in campo anche soffrendo!”.  West rimase ignaro del simpatico siparietto fra coach e proprio centro, ma quando ne fu messo a conoscenza dalla stampa, si dichiarò incredulo. I Lakers ebbero più volte nell’ultimo minuto la possibilità di sorpassare i Celtics ma sbagliarono diversi tiri liberi (per loro alla fine un misero 28 su 47 dalla lunetta) e alla fine furono sconfitti.Don Nelson mise a segno il jump che voleva dire 108-106, Celtics. E Russel a pochi secondi dalla fine della partita stoppò proprio Mel Counts che andava a canestro per portare il match al supplementare. Jerry West chiuse con 42 punti, 13 rimbalzi e 12 assist, ma fu Boston a vincere partita e titolo, uscì dal campo zoppicando. Si rintanò negli spogliatoi e cominciò a piangere a dirotto. E non solo per il dolore. Dirà in seguito: “La maggior parte degli anni precedenti loro erano più forti di noi, ma nel ‘69 non erano assolutamente migliori. Noi eravamo migliori. E non abbiamo vinto. E quella fu la sconfitta più frustrante”.

Havlicek entrò nello spogliatoio dei Lakers, lo abbraccio e gli disse: “Jerry, ti voglio bene!”. Anche Russel entrò nello spogliatoio dei Lakers. Salutò Chamberlain poi si mise di fronte a West, gli strinse forte la mano, lo fissò intensamente per qualche secondo e se ne andò senza dire una parola. Un silenzio che valeva più di mille frasi. Quell’anno venne istituito il premio per il miglior giocatore della finale. Lo vinse proprio West, e tuttora rimane l’unico giocatore ad esserselo aggiudicato pur avendo perso il titolo. Qualche giorno dopo quella storica partita, William Felton Russell annuncerà a tutto il mondo il suo ritiro. In tredici anni di NBA aveva vinto undici titoli. I Lakers aspetteranno fino al 1972, per conquistare il loro primo titolo NBA, i palloncini dovranno attendere altri tre anni per volare giù dal tetto del Forum. Nba!

CLICCA “I GIGANTI DELLA PALLACANESTRO” SU FACEBOOK:

http://www.facebook.com/IGigantiDelBasket?fref=ts

like

DATA from: http://luigisorrenti.playitusa.com/2011/01/03/quei-palloncini-al-forum-di-l-a/