Andrea Cassisa – Basketinside

Andrea Renzi, pivot di 208 cm, ex Benetton Treviso, con una partecipazione agli Europei del 2011 con la maglia azzurra, ha deciso di ripartire dalla maglia granata, dopo l’infortunio al ginocchio e qualche stagione al di sotto delle aspettative, per ritornare ai livelli che gli competono, lui giocatore di grande classe, pivot potente e con discreti movimenti nel pitturato, capace anche di realizzare dalla lunga distanza. Si racconta in questo intervista, all’ufficio stampa della Pallacanestro Trapani.

Autore: Dario Gentile (Add. Stampa Pallacanestro Trapani)

Fonte: www.pallacanestrotrapani.com

Il tuo primo ricordo con un pallone da basket in mano.

Il primo ricordo con una palla in mana è indissolubilmente legato a mio padre, che purtroppo non c’è più, perchè è stato lui a trasmettermi l’amore per questo sport. Il mio primo approccio poi è stato nel mio paese, a San Salvatore di Codorno in Liguria, nella palestra in cui ho trascorso le ore legate alla pallacanestro più belle della mia vita.

Il tuo miglior pregio ed il tuo peggior difetto.

Qualsiasi cosa faccia do sempre il 100%. Quanto più posso aiutare qualcuno tanto più mi applico, credo di essere una persona molto generosa. Il mio difetto maggiore è quello di non riuscire a lasciarmi scivolare le cose, tendo a pensarci ed a rimuginarci un po troppo.

Parliamo un secondo di Renzi bambino. Materia preferita? Sei sempre stato il più alto? E se sì, questo ti ha mai creato dei problemi nel relazionarti coi tuoi coetanei?

La mia materia preferita escludendo educazione fisica, religione e scienze sociali era senza dubbio storia, mi affascinano molto i personaggi della nostra storia perchè ritengo che ci sia sempre da poter imparare. A scuola ed in palestra sono sempre stato il più alto, sono sviluppato abbastanza presto quindi pensa quanto era il divario…ma questo non mi ha mai creato alcun tipo di problema, sono cresciuto in un paesino piccolo in cui avevo un gruppetto di amici con cui ero molto affiatato. Poi sono andato via giovanissimo, a 14 anni ero già a Livorno ma ho avuto la fortuna di relazionarmi sempre con ottime persone.

Blucerchiato o grifone?

Assolutamente sempre forza Sampdoria

Quando hai capito che saresti diventato un giocatore di pallacanestro?

Quando mi sono trasferito a Treviso a 17 anni. Fino a quel momento l’ho vissuta come una splendida avventura, in maniera appassionata e serena grazie a mia madre che è riuscita sempre a farmi stare coi piedi per terra.

Sei andato via di casa molto giovane. Cosa ti è mancato?

Mia mamma mi ha sempre seguito, non negandomi mai la sua vicinanza ed il suo affetto. Quello che un po mi è mancato è stato forse il non essere uscito molto con gli amici. Ma adesso raccolgo i frutti di quelli che prima mi sembravano grossi sacrifici, con la consapevolezza di essere un privilegiato che vive praticando uno sport, ed in un periodo di crisi come questo in cui tante, troppe famiglie faticano a potersi mantenere, mi fa capire quanto sono fortunato.

Quale è stato fino ad oggi l’allenatore che ti ha dato di più da un punto di vista umano e professionale?

Fin quando non sono andato via di casa conservo un bellissimo ricordo di Fiorenzo Terribile, Paolo Piccioli, Anna Perano, persone che erano come fratelli, mi hanno spronato, assistito, seguito, conoscevano anche mio padre quindi era come stare tra familiari. Poi dopo che sono andato via, quando cominciava a contare anche il risultato, cito prima di tutto Fabio Colbani e Fabio Marcelletti.

C’è un giocatore a cui ti inspiri o un giocatore del passato con cui avresti voluto giocare o scontrarti?

Il mio modello è senza dubbio Luis Scola, lo guardo in televisione e cerco di emularlo. Se ti dovessi parlare di giocatori del passato, per quanto riguarda l’Italia ritengo che la più bella favola sportiva degli ultimi 30 anni sia quella della Livorno di fine anni ’80 di Alexis e Forti che tra l’altro oggi è anche il mio agente. Uscendo dall’Italia ti cito delle leggende, sognavo di giocare con Petrovic che per me è il Dio del basket, Sabonis, Divac e Raja. Sarei voluto nascere una decade prima. Quella pallacanestro ha un’altro fascino.

Ti senti più un 4 dunque…

Io penso che nel basket moderno la differenza sia sottilissima, per essere compatitivi a qualsiasi livello bisogna essere preparati a fare tutto in entrambi i lati del campo.

Nella tua esperienza chi è stato il giocatore più forte con cui hai giocato ed il più forte contro cui ti sei scontrato?

Ho avuto la fortuna di giocare con Gary Neal e Goree a Treviso. Fenomeni! Poi grazie alla nazionale ho giocato con Gallinari che è un giocatore dal talento smisurato, un predestinato baciato dal dio del basket. Da avversario ti dico Lavrinovic per il talento offensivo e Stonerook per quello che dava alla squadra.

Cosa si prova a vestire la maglia azzurra?

Per me la maglia della nazionale è la gratificazione massima di ogni giocatore. Spero di poter tornare ad indossarla un giorno…

Da adolescente tutti ti pronosticavano come un giocatore dal potenziale futuro NBA, poi l’infortunio al ginocchio forse ha un po rallentato la tua ascesa. Raccontaci un po quel periodo.

Quando avevo 15-16 anni è vero, c’erano molte aspettative su di me. Io però ritengo che pronosticare un futuro NBA sia molto difficile, bisogna prima dimostrare sul campo le proprie potenzialità. L’infortunio al ginocchio del 2009 è stato un bel problema da superare. Mi ha un pò segnato emotivamente ma penso che dopo a poco a poco ho ritrovato la mia collocazione e adesso mi sento meglio di prima. Adesso nemmeno ci penso più.

Cosa ti aspetti dal futuro?

Per quelle che sono state le mie esperienze di vita personali e professionali tendo a vivere alla giornata senza fare troppi programmi vivendo serenamente le occasioni che mi si presentano. Quest’estate ho accettato e sottoscritto il progetto del presidente Basciano e sono fermamente convinto che sia stata la scelta giusta. Qui c’è tanta passione e spero si possa creare anche qualcosa di diverso rispetto a quello che si vede normalmente nei campi da basket. E’ presto per fare progetti ma mi sento di poter dire ai tifosi che la squadra è competitiva e farà bene.

A Treviso in maglia Benetton hai vissuto sicuramente dei momenti sportivi indimenticabili. Raccontaci un episodio che ti è rimasto impresso.

Giocare davanti ad 8000 persone a partita mi ha senza dubbio fatto crescere dal punto di vista umano e professionale. Se ripenso alla prima volta che sono entrato al PalaVerde con la maglia della Benetton, mi vengono ancora i brividi.

Andrea e Trapani…

Guarda per uno come me che è nato con il mare tornare in una città bagnata dal mare, percorrere la litoranea per andare al palazzo è qualcosa di incredibilmente bello. I tifosi mi hanno accolto benissimo ed io sto proprio bene, fino ad oggi non ho proprio nulla di cui potermi lamentare.