Non si sa perché, in questo basket, molto spesso, chi spende tanto spende male.

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Guardare Roma per credere, anni di spese folli, ambizioni dichiarate, risultati mai arrivati, il giorno in cui Toti ha ridimensionato puntando su uomini prima e su giocatori dopo, su gente che voleva dimostrare in campo il proprio valore, e non sull’estratto conto, Roma è rinata, e questa rinascita è sotto gli occhi di tutti, compresi quelli del presidente capitolino, che ha ritrovato il suo entusiasmo.

L’EA7 Milano adesso è esattamente ciò che Roma era fino a qualche anno fa, solo che probabilmente gli investimenti di Armani sono stati addirittura superiori a quelli effettuati da Toti in tempi passati, e i risultati, se possibile, inferiori.

Magari Milano smentirà tutti, da qui alla fine, trovando la chimica mai ottenuta e portandosi a casa lo scudetto, ma questa ipotesi, al momento utopistica dopo la figuraccia rimediata in coppa Italia, non cancellerebbe comunque il fallimento del progetto inaugurato due anni or sono, che prevedeva scudetto e, quantomeno, quarti di finale, se non anche final four di Eurolega.

Ma cosa si è sbagliato a Milano??

Un progetto nasce dall’individuazione dei punti cardine: playmaker e allenatore, Cook e Scariolo, stratega e condottiero in campo.

Cook è stato mandato via, Scariolo è rimasto, sicuramente andrà via a fine anno, a meno di clamoroso scudetto, Frates, che doveva essere il “Banchi” milanese, silurato il mese scorso.

A fine stagione 2011/12, Milano sembrava aver trovato una quadratura, alle finali scudetto, con Gentile che si assumeva le sue responsabilità, Mancinelli a dare il post basso, Melli in crescita, e gli altri a dare il contributo minimo che il loro rango richiedeva.

In estate, probabilmente bastava puntellare qua e là, e continuare sulla strada intrapresa.

E, invece, solo errori:

  • In primis, Langford, talento offensivo cristallino, immarcabile in 1vs1, capace di vincere da solo le partite, realizzando valanghe di canestri, in penetrazione, al tiro da tre, in lay-up, in step back, un autentico manuale del gioco in “isolation”. Il problema è proprio questo, lui vince da solo, non gioca senza palla, non difende, è sempre battuto perché non è grintoso sui blocchi, si sa che i grandi attaccanti vanno protetti in difesa, ma questo è troppo. Oltretutto, appare incompatibile con Hairston, e il suo inserimento è costato Alessandro Gentile, che ha avuto molto meno spazio e molte meno responsabilità, con conseguente involuzione, quando l’anno scorso era parso in rampa di lancio.
  • In secondo luogo, Stipcevic, in realtà non male, giocatore discreto, buon tiratore, Scariolo non si è mai fidato di lui, così come di Giachetti, e il rendimento di entrambi ne ha risentito.
  • Infine Hendrix, un fallimento su tutti i fronti, doveva portare atletismo in post basso, è sembrato inutile e privo di motivazioni.

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Per il resto, che Fotsis si presentasse a Milano come il suo alter ego scarso e svogliato, non potevano saperlo a Milano, certo è che un grande campione come lui non può non sentire la frustrazione di far parte di una squadra che, lungi dal potersi qualificare gruppo, è un insieme di giocatori, senza chimica, senza anima.

Detto questo, adesso a Milano sono nuovamente in alto mare, mandati via Stipcevic, Hendrix e Cook, oltre che l’assistant coach Fabrizio Frates, non si sa bene per quale oscura ragione, sono tornati Radosevic e Bremer, ritorno equivalente ad una affermazione di totale fallimento del mercato estivo, ed in più è arrivato il solo Marques Green.

Questo non è ancora sufficiente, e probabilmente nulla cambierà da qui a fine stagione, quando il bilancio dirà, presumibilmente, salvo clamorosi avvenimenti, niente scudetto, e, certamente, fuori subito in coppa Italia, fuori subito dall’Eurolega, senza neanche raggiungere le Top16.

Del resto, anche un clamoroso scudetto non cambierebbe il fatto che il progetto doveva portare Milano ad assestarsi ai vertici dell’Europa che conta e, invece, ad oggi, la squadra sembra la controfigura italiana degli attuali Los Angeles Lakers.

Ciò posto, ci si augura davvero che ad Armani non passi la voglia di fare basket, perché, via Benetton, ci mancherebbe anche il suo addio per deprimere ulteriormente un panorama già tristemente rovinato dalle dichiarazioni di Caserta e Montegranaro, a rischio di chiusura in corso di stagione.

Adesso si parla di un addio di Fotsis, che farebbe ritorno al suo amato Panathinaikos.

Ebbene, l’idea sarebbe utile e strumentale ad un procedimento di responsabilizzazione dei superstiti, che sarebbe legato indissolubilmente ad un contestuale addio di uno tra Langford, preferibile, e Hairston, più utile alla causa.

Solo così si potrebbe agire in vista di un obiettivo finale, ovvero non smuovendo le acque senza cognizione di causa, ma risparmiando consapevolmente, ottenendo altresì maggiore spazio per i giovani milanesi.

Dentro quindi, con responsabilità e minuti, sia Gentile che Melli, in quintetto, così, se scudetto non sarà, almeno avremo giovani con esperienza di playoff acquisita, da protagonisti effettivi.

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Guardare Polonara a Varese, per credere. In sei mesi, tra lui e Melli sembra essersi scavato un abisso, con il reggiano che probabilmente ha percepito il solco, e lo ha nervosamente dimostrato con un accenno di rissa in campo.

Vedremo cosa combineranno a Milano per salvare la stagione.

Per l’anno prossimo, constatato il fallimento di Scariolo, si parla già di Obradovic o, in alternativa subordinata, Trinchieri.

Una buona base di partenza, specialmente il serbo, che probabilmente selezionerebbe gli uomini giusti prima dei giocatori, certo è che una rinunzia attuale a Fotsis equivarrebbe a una dichiarazione di mancato accordo con Obradovic, essendo il greco uno dei suoi uomini di fiducia.

Non sapremo mai come andrà a Milano finchè non lo vedremo, ci si augura soltanto che non sia necessario un ridimensionamento economico, come quello romano, per vedere qualche risultato e una squadra orgogliosa e determinata in campo.

Di sicuro, si deve costruire su Melli e Gentile, magari Radosevic, ci vuole un playmaker forte, ma forte davvero, un centro determinante, atletico e aggressivo, spendere bene, oculatamente, magari investendo tanto solo su tre o quattro giocatori, dotati sia di talento che di carisma, e poi fare qualche scommessa per la panchina.

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Per capirci, se hai Bourousis, lungo tecnico e da post basso, prendi un Lawal, o un Tyus, a lui complementari, forze della natura, atletismo e fisico.

Di sicuro, la dirigenza milanese non può star tranquilla sapendo che con lo stipendio di Hairston ci si potevano prendere Dunston, i cugini Diener, e magari anche Gigi Datome.

Il problema non è di facile e pronta soluzione, formare una squadra è questione anche di compatibilità fra i singoli elementi, tecnica e caratteriale, solo da dentro si può sapere chi o cosa sostituire, dove investire e dove risparmiare.

Una cosa è certa, comunque, abbiamo bisogno dell’Olimpia Milano, sia in Europa che in Italia, soprattutto abbiamo bisogno di Giorgio Armani nel mondo del basket. In bocca al lupo.

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