Pallacanestro Varese, dieci scudetti, una stella sul petto ad attestarlo.

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Sono passati decenni dai tempi in cui l’Ignis Varese di Dino Meneghin, Aldo Ossola, Marino Zanatta, Bob Morse, Manuel Raga, Charlie Yelverton e Ottorino Flaborea conquistava scudetti e Coppe dei Campioni, dominando in Italia e in Europa.

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Da allora la squadra ha conosciuto la delusione della retrocessione in serie A2, con repentino ritorno in A1 grazie ad Arijan Komazec, il favoloso scudetto della stella, con i mitici Roosters, alias “galletti da combattimento”, Pozzecco, Andrea Meneghin, De Pol, Galanda, Vescovi, Mrsic, Santiago e Zanus Fortes.

In seguito altri problemi, pochi successi, nessun progetto, fino all’intervento di Cecco Vescovi, con una rivoluzione societaria che ha riportato in città un progetto con conseguente entusiasmo ritrovato della piazza.

Adesso Varese è tornata, capolista sin dalla prima giornata, un bilancio di 15 vittorie e 3 sconfitte, trenta punti, bel gioco, squadra unita, spazio anche ai giovani.

La squadra capeggiata da coach Frank Vitucci parte con Green, Banks, Ere, Sakota e Dunston, in ordine di ruolo dal play al pivot.

varese greenGreen è il leader della squadra, tiene in mano il gioco e detta i ritmi ai compagni di squadra. Produce 14 punti, 6 assist e 4.5 rimbalzi, è utile in ogni lato del campo, gioca in penetrazione per concludere per sé stesso o per scaricare, tira col 40% da tre, è grosso fisicamente e porta gli avversari più piccoli in post basso, dove i playmaker avversari non possono contenerlo.

Da lui Varese non può prescindere, sta in campo 32 minuti a partita, la squadra è nelle sue mani.

Banks e Ere sono le bocche da fuoco, il primo porta 16 punti di media alla causa varesina, è fenomenale nelle sue conclusioni, specialmente quando va in palleggio, arresto e tiro, grandi percentuali di realizzazione, gioco molto pulito, tecnicamente notevole.

Il secondo ha grande fiducia, ex Caserta, segna 14 punti con sei rimbalzi di media, anche prima dell’infortunio rendeva anche di più,  un inizio di stagione folgorante con triple da distanze siderali, in cui era il go to guy della squadra in attacco, dove condivideva la leadership della squadra con il detto Green.

Sakota è l’ala forte titolare anche se gioca molto meno di Polonara, che finisce le partite, è il lungo atipico che segna da tre punti e, statene certi, segna davvero.

Dunston è un toro, elevazione pazzesca, forte fisicamente e dotato anche di discreta tecnica, per lui 15 punti e 7.5 rimbalzi di media. Il paragone si potrebbe fare, per chi ricorda quegli anni, con Bobby Lee Hurt, in A1 con Torino e Trapani nei primi anni novanta, per le stoppate, le schiacciate e soprattutto il movimento spalle a canestro che conclude, verso il centro dell’area, lasciando andare la palla da molto in alto.

La panchina è la vera meraviglia di questa squadra, grazie alle definitive affermazioni di Polonara e De Nicolao.

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Achille Polonara, classe 1991, 2.05 m, parte dalla panchina anche se con 25 minuti di media, ormai è un sesto uomo alla Ginobili, ovvero uno che non parte in quintetto solo per poter cambiare le partite con il suo impatto.

Produce 11 punti, 6 rimbalzi e 2 recuperi a partita, con un high di 8.

Dalla panchina porta atletismo, freschezza atletica, difesa d’anticipo, contropiede e tante stoppate.

vvarese denicDietro di lui c’è De Nicolao, altro argento europeo under 20, play-guardia rapidissimo, buon ladro di palloni, ottima difesa e discreto tiro da tre punti, al momento più efficace da guardia, accanto a Green, perché ad altissimi livelli manca ancora di esperienza e leadership per guidare i compagni.

Infine, Rush sta dimostrando di meritare i minuti che gli vengono concessi e Talts è il centro di riserva, con compiti perlopiù difensivi, attualmente provato anche in coppia con Dunston. Cerella, causa infortunio, ancora non è pervenuto, facendo emergere Rush, ma da lui ci si aspetta un buon contributo, con apporti difensivi e in quanto a produzione realizzativa.

Il tutto è stata amalgamato in modo superlativo da Vitucci, artefice delle meraviglie varesini, capace di creare un gruppo unito, con un sistema di gioco efficace e produttivo, un gioiellino di grande valore, una macchina perfetta, con gli ingranaggi ben allineati.

La squadra si diverte e fa divertire, si gioca un bel basket in attacco, senza dimenticare la difesa, con predilezione per la uomo, e qualche passaggio a zona.

In attacco tutto passa tra le mani di Mike Green, l’uomo di fiducia del coach, si può giocare il pick’n roll con Sakota o Dunston, il primo si apre per il tiro dalla lunga distanza, riceve comunque anche piazzato sugli scarichi, Dunston invece taglia dentro per concludere, spesso in schiacciata, ma per lui si può giocare anche in post basso, dato che ha movimenti discreti anche spalle a canestro.

Si gioca anche con blocchi ciechi per liberare Banks al tiro, Ere gioca in isolamento e Green nei giochi a due, o spalle a canestro.

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Banks in elevazione

Con Polonara e De Nicolao la difesa è più aggressiva, forse meno quadrata, ma forza le perse, aumentano i recuperi, più transizione, contropiede e gioco in velocità.

Detta così, sembra una normale descrizione di un sistema di gioco, e questa è la realtà.

Infatti, a Varese non si fa qualcosa di nuovo o sperimentale, non si crea pallacanestro, semplicemente si gioca a basket, e si gioca davvero bene.

Qui di seguito, le statistiche. [from legabasket.it]

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